
Nel 2006 uscì al cinema Il Diavolo veste Prada, che racconta le peripezie di una neolaureata nel maxi-micromondo di una rivista di moda - in un certo senso “la” rivista, dato che il romanzo da cui è tratto il film si favoleggia sia liberamente ispirato a Vogue e alla direzione di Anna Wintour, poiché la sua autrice, Lauren Weisberger, che ha però sempre smentito, ha lavorato in effetti come assistente personale di Wintour.
Il film, oltre a rappresentare un intrattenimento molto piacevole, è pieno di 2366622 che potrebbero risultare interessanti se applicati alla realtà. Le protagoniste Andy e Miranda, la comprimaria Emily e tutto il contorno del settore della moda utilizzano in scena escamotage classici per mostrare il loro stile unico, e quegli escamotage, lo si può dire, non passano mai di moda.
Tutto si trasforma (con un po’ di attenzione)
All’inizio del film la protagonista Andy Sachs detesta il mondo delle tendenze, che reputa inconsistente e superficiale, tuttavia trova lavoro come assistente personale di Miranda, la quale non perde occasione di mostrarle come i dettagli a cui Andy non dà importanza, in realtà sono frutto di uno studio e di un’industria fondamentale per l’occupazione. Così, a un certo punto, Andy comprende che solo trasformando se stessa può fare bene un lavoro nel mondo della moda. E lo fa attraverso un balletto di abiti e note estetiche, che mostrano una serie di outfit bellissimi e intramontabili tra stivali e trench, abiti e pantaloni, con il solo fine di esprimere un concetto: l’aspetto di chiunque, se lo vuole, può essere trasformato da un bel vestito che esprime la personalità di chi lo indossa, che valorizza la sua fisicità e che può accrescere l’autostima. Vale la pena quindi che ogni donna esegua quel balletto di outfit, nel senso che bisogna provare e riprovare per trovare quelli che fanno al caso proprio. Per cui l'aspetto può essere trasformato da un outfit adatto, ma ci vogliono attenzione e pazienza.
Tre stili a confronto
Il secondo insegnamento de Il Diavolo veste Prada è un corollario del primo: un outfit ben studiato esprime la personalità di chi indossa, non la sopprime. È in questo modo che Andy, Miranda ed Emily esprimono loro stesse: Andy in maniera sexy ma rigorosa, in cui fanno capolino completi Chanel dal taglio classico e linee pulite, Miranda attraverso le curve morbide di Prada (da cui il titolo), Emily con colori scuri, pois e ruches, e un approccio decisamente più rock e in un certo senso spontaneo. Stile e personalità vanno a braccetto, ma non si tratta qualcosa di opinabile.
Strati per riflettere la personalità
Molti degli outfit che si mostrano nel film sono “stratificati”. C’è sempre una giacca su una camicetta, un paio di collant sotto la gonna, una maglia sotto un soprabito. Gli strati non sono solo funzionali ad affrontare una giornata tipo - per esempio in autunno e in inverno, quando c’è una certa discrepanza di temperatura tra esterno e interno - ma sono utili a descrivere uno stile, perché uno strato non può avere uno stile completamente diverso dall’altro, o se accade c'è dietro una ragione importante.
Vietato glissare sugli accessori
Gli accessori sono fondamentali in un outfit e non vanno scelti a caso e neppure con troppa leggerezza: in altre parole, gioielli floreali in primavera sono tutt’altro che “avanguardia pura”. Una cintura, un cappello, delle collane aggiungono all’outfit qualcosa di estremamente personale e danno la direzione all’outfit stesso.
Il senso del colore
Un luogo comune vuole che le donne sappiano riconoscere tutte le sfumature esistenti: in realtà solo il catalogo Pantone può far questo, il resto è decisamente una leggenda metropolitana. Però avere il senso del colore è importante.
Questo raro dono è ciò che permette di riconoscere una nuance tra mille proposte: un blu di Prussia è diverso dal carta da zucchero e sicuramente dal ceruleo di cui si parla nel film. Non è un dettaglio da poco conto, perché non tutte le sfumature di uno stesso colore stanno bene insieme: magari non tutti e tutte ne conoscono il nome, ma il senso del colore è un’altra cosa.