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Dopo i 60 anni ogni quanto fare il pap-test

Il pap-test si rivela uno screening sempre indispensabile per prevenire o diagnosticare precocemente il tumore al collo dell’utero: ecco con quale frequenza eseguirlo dopo i 60 anni

Pap-test: ogni quanto farlo dopo i 60 anni

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Pap-test: ogni quanto farlo dopo i 60 anni

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La prevenzione oncologica non è mai troppa e non dovrebbe essere trascurata in nessuna fase della vita. Per le donne, in particolare, anche dopo aver raggiunto o superato i 60 anni è importante sottoporsi regolarmente ad alcuni screening volti a prevenire due tumori femminili purtroppo molto diffusi, che possono manifestarsi nel seno e nel collo dell’utero.

Il pap-test, in particolare, rappresenta uno step fondamentale per la prevenzione del tumore che colpisce il collo dell’utero, consigliato alle donne a partire dai 30 anni fino almeno al compimento dei 64 anni: a cambiare in base all’età anagrafica, tuttavia, è il lasso temporale che deve passare tra uno screening e quello successivo.

Ogni quanto sottoporsi al pap-test

Calendario

Il Sistema Sanitario Nazionale predispone ogni anno apposite campagne di screening gratuite volte a prevenire o diagnosticare precocemente il tumore al collo dell’utero, coinvolgendo gran parte della popolazione femminile.

A partire dai 60 anni si consiglia di sottoporsi al pap-test ogni 3 anni, tuttavia per individuare con maggiore anticipo eventuali lesioni pretumorali è anche possibile eseguire il test HPV che rileva la presenza del virus HPV (Papilloma virus) in modo ancora più precoce.

Il test HPV dovrebbe essere eseguito ogni 5 anni fino ai 64 anni, mentre superata questa soglia anagrafica e in assenza di precedenti positività si presuppone che il tumore non si sviluppi neanche negli anni successivi. Il pap-test e il test HPV, inoltre, dovrebbero essere eseguiti almeno una volta anche dalle donne over 65 che non si sono sottoposte agli screening negli anni precedenti.

Cos’è e come si svolge il pap-test

Lettino ginecologo

Il pap-test (il nome deriva dal cognome del medico che lo ha ideato, Georgios Papanicolaou) è un esame non doloroso che dura pochissimi minuti, da eseguire da solo o nell’ambito di una visita ginecologica completa.

Si tratta semplicemente di un prelievo di cellule dal collo dell’utero, eseguito attraverso l’uso di una spatolina e di un tampone, seguito da un’analisi citologica effettuata al microscopio finalizzata a valutare le caratteristiche dei tessuti vaginali prelevati.

Il test HPV si svolge in modo analogo, tuttavia in questo caso viene ricercato il virus HPV per diagnosticare una eventuale infezione, che in futuro potrebbe portare allo sviluppo di cellule cancerogene. In caso di positività, tuttavia, è necessario sottoporsi anche al pap-test.

Cosa succede se il pap-test risulta positivo

Gli esiti del pap-test possono essere differenti, non evidenziando alcuna lesione neoplastica oppure rilevando lesioni di grado differente o cellule atipiche. Cosa succede se i risultati del pap-test mostrano la presenza di cellule considerate pre-tumorali o tumorali?

In casi come questi si procede con ulteriori approfondimenti diagnostici, sottoponendosi innanzitutto alla colposcopia. È un esame eseguito attraverso il colposcopio che consente di ottenere una visione ingrandita e ottimale della cervice uterina, in modo da valutare la presenza delle cellule alterate e di verificare l’estensione della lesione.

Successivamente viene eseguita anche una vera e propria biopsia, vale a dire un prelievo di tessuti anomalo che viene analizzato in modo accurato prima di rilasciare una diagnosi definitiva e, soprattutto, di predisporre eventuali cure.

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