
La sorpresa più gradita di La lezione di Balzac (Traduzione di Giovanni Episcopo, Carocci editore, 126 pagine, 13 euro), l'ultimo saggio di Peter Brooks, il miglior studioso anglosassone della sua opera, si annida nelle pagine dedicate a uno dei romanzi meno noti dello scrittore francese, quel Un caso tenebroso uscito a puntate, come feuilleton, nel 1841 e in volume due anni dopo e che è in sé una sorta di epopea del legittimismo.
Di solito Balzac viene considerato come il cantore critico della società borghese sprigionatasi dalla caduta dell'Ancien Régime a opera della rivoluzione del 1789. È la modernità quella che lui racconta, ovvero il nuovo ordine sociale che a essa si accompagna e dove il denaro, il potere, il sesso e l'individualismo cercano di dar vita a un mondo nuovo in grado di sostituire quello vecchio andato in pezzi e non più ricomponibile. Non è un caso che Marx individuerà nel reazionario Balzac il più feroce fustigatore del capitalismo in quanto essenza dello spirito borghese e non è un caso che Brooks, il quale, per sua stessa ammissione, in politica «si è costantemente spostato a sinistra», tanto da credere «nello stravolgimento radicale delle istituzioni che un tempo accettavo», consideri la lettura di Balzac fondamentale «per comprendere la modernità, il mondo in cui viviamo oggi e il modo in cui leggiamo oggi». E in effetti, tutto ciò che nei suoi romanzi è agli albori, un ribollire dove ciò che è stato lotta faticosamente, quanto invano, per non essere del tutto travolto dal nuovo che avanza, due secoli dopo è perfettamente compiuto, ma proprio mentre celebra il suo trionfo ne deve verificare l'intimo fallimento. Il denaro si è trasformato in finanza, volatile per sua definizione, luomo-merce ha preso il posto della merce in quanto tale, la borghesia come classe sociale non esiste più, le metropoli-megalopoli si rivelano invivibili, l'atomismo sociale portato agli estremi diventa nomadismo globale... Come per un tragico contrappasso, populismi e nazionalismi tornano alla ribalta e con essi in maniera confusa, un bisogno di solidità e di ancoraggio a valori più o meno ancestrali e dati per scomparsi: tradizioni, radici, costumi di vita, difesa del territorio, senso di appartenenza, desiderio di rappresentanza. Come uno specchio, quel mondo balzachiano ci mette sotto gli occhi il futuro in anteprima, ne avverte i pericoli, suggerisce, dove e come può, i rimedi per non esserne completamente fagocitati. Conservatore, ma non reazionario, Balzac pesca da destra come da sinistra nel suo rifiuto di considerare il denaro come unico nesso delle relazioni umane nel nuovo mondo che va instaurandosi. Sa che ogni rivoluzione è destinata a fallire se non crea una reale gerarchia di valori, se abdica alla sua funzione di creare nuove élites, se non costruisce un corpus sociale dove le capacità individuali non anneghino nel maelstrom indistinto dell'economia come unica guida politica.
È proprio questo a fare di Un caso tenebroso un romanzo esemplare, ovvero il commosso omaggio che Balzac fa al legittimismo, inteso come un sistema di valori che forma una catena indissolubile fra l'alto e il basso, il servitore e il suo signore e dove l'onore, la fedeltà, il coraggio e il sacrificio di sé stessi costituiscono un codice comportamentale che è garanzia del codice sociale. Senza l'uno non è possibile l'altro, ma se del primo si accettano solo gli onri e non gli oneri che esso comporta, ci si condanna alla decadenza prima, alla scomparsa poi.
Come un po' per tutti i romanzi di Balzac, riassumere Un caso tenebroso non è semplice: ci accontenteremo di dire che ruota intorno alla figura di Laurence de Cinq-Cygnes, per Brooks «la donna più straordinaria creata da Balzac e forse anche quella che gli è più cara» e che si distingue «per l'eccezionalità della sua figura, il rifiuto che oppone alla modernità e alle sue limitazioni», un rifiuto che, idealmente come ideologicamente, era anche del suo creatore. Orfana dei genitori, ghigliottinati dalla rivoluzione, ventenne amazzone innamorata dei gemelli Simeuse, suoi cugini e come lei aristocratici, fa con loro parte di una congiura per rovesciare Napoleone, ancora primo console. é il primo anello del caso tenebroso che li riguarda: per quanto la congiura venga scoperta, non comporta la rovina dei suoi partecipanti, cosa che avviene invece con un secondo caso tenebroso, il rapimento dell'uomo che grazie alla rivoluzione si era impadronito delle proprietà della famiglia Cinq-Cygnes, e di cui Laurence, i cugini e il fedele servitore Michu sono ingiustamente accusati. Dietro quel sequestro, infatti, ci sono i tradimenti, i voltafaccia e i segreti di chi, stando però al potere, aveva a sua volta tramato contro Napoleone, intanto divenuto imperatore...
Napoleone, davanti a cui Laurence accetta di inginocchiarsi, pur di salvare le persone che ama, è in controluce l'altro protagonista del romanzo. Nato nel 1799, sedicenne al tempo di Waterloo, l'epopea napoleonica è tutt'uno con la giovinezza di Balzac e la cartina di tornasole con cui misurare la storia del suo Paese. Del resto, egli stesso avrebbe voluto essere «il Bonaparte della letteratura». Ciò che ha cominciato con la spada, io lo finirò con la penna era il motto che campeggiava sulla base del busto dell'Imperatore che stava nel suo salotto.
Per quanto un prodotto della Rivoluzione, per Balzac Napoleone è l'uomo che alla Rivoluzione ha posto fine ed è il solo che, grazie alla grandezza imperiale, potrebbe riconciliare la Francia del passato con quella nuova da lui incarnata. Il volontarismo che lo anima, osserva Brooks, «una gloria che deriva dal superamento dei limiti della carne e del ruolo sociale per dichiarare la padronanza di sé e, di conseguenza, la padronanza del mondo», è un qualcosa «che appartiene anche a Laurence, supremamente padrona di sé stessa». Si accettano perché si riconoscono, entrambi, nonostante la differenza dei sessi, uomini del destino...
Come spesso accade, gli antimoderni, meglio, i critici della modernità, finiscono per comprenderla meglio di quanto non lo facciano i suoi entusiasti quanto miopi esaltatori. Ecco come per esempio, Balzac enumera i luoghi comuni del progressismo borghese del suo tempo e dove basta cambiare qualche nome perché quell'elenco diventi dei nostri giorni: «Erano favorevoli alle ferrovie, all'indipendenza dei negri, alle casse di risparmio, ai marciapiedi asfaltati, alle scarpe senza cuciture, al suffragio universale, ai penitenziari, alla pavimentazione in legno, all'illuminazione a gas...».
Proprio perché non è vittima delle illusioni che lo circondano, Balzac riesce a fare di una certa Francia la sua Francia. Su di un'epoca «fredda, meschina e senza poesia», che non ha bisogno di «anime grandi», dove «si schernivano i ministri che non erano gentiluomini, ma non si forniva abbastanza gentiluomini da diventare ministri, dove la nobiltà è disseccata, la ricchezza è osannata, la gioventù è impotente» Balzac dà vita a personaggi che si trovano a recitare su un palcoscenico che non è il loro. Le nobildonne vorrebbero continuare a comportarsi come se ci fosse ancora una corte, mentre esiste solo la sua caricatura. I gentiluomini vorrebbero esibire solo i loro quarti di nobiltà, ma la nuova aristocrazia del denaro li soppianta. Gli scrittori vorrebbero inseguire l'arte, ma il mercato chiede merce. Gli ufficiali vorrebbero pensare solo alla gloria, ma la gloria è stata già tutta consumata... È questo contrasto a trasformare un'avventura galante in una tragedia, una speculazione economica in un delitto, una vocazione intellettuale in una carriera... È come se tutti consumassero energie prodigiose all'interno di un sistema sociale che non sa cosa farsene, è come se i desideri e i sogni di grandezza di ciascuno finissero confinati negli spazi ristretti di forme senza più contenuto, di contenuti senza più sostanza. Allo stesso modo dei suoi eroi, anche Balzac è alla fine schiantato dallo sbilanciamento fra ciò che vorrebbe dare e ciò che la società è in grado di ricevere.
Lavora a una gigantesca opera d'arte, lo scambiano per un onnivoro pubblicista che non sa però finire i suoi romanzi... Si accontentano di racconti a puntate lì dove c'è un'opera capitale, il monumento a cui viene sacrificata una vita.