Natalia Ergias
L'entusiasmo per un nuovo spazio culturale recuperato alla città è stato tale che il panettiere che aveva preparato il «pagnottone» per la festa di inaugurazione non si è nemmeno voluto far pagare: «Offrono i panettieri milanesi». Così Palazzo Litta sta, neanche tanto piano, tornando ai vecchi splendori, aprendosi ai cittadini che non sapevano nemmeno di un tale gioiello settecentesco nel cuore della città, in corso Magenta.
L'ultimo restauro ha riguardato la «Cavallerizza», le vecchie scuderie dell'edificio, che erano finite a far da magazzino, e ora - tirati giù i vecchi muri divisori, rifatto il tetto e le travi, sistemato il pavimento a parquet e riportato alla luce il bel muro di mattoni - è pronta per accogliere eventi culturali, incontri e dibattiti.
Lavori a tempo di record, 3 anni per la sala del teatro, il foyer, il bar, gli uffici, la foresteria: quasi 2 milioni e 300mila euro di investimento, sovvenzionati in parte da Regione Lombardia, Fondazione Cariplo, Bnl, ma per un terzo direttamente dall'associazione Teatro Litta, che compie 30 anni quest'anno e progetta un diverso modo di rapportarsi alle istituzioni e alla società: «Il teatro e la cultura devono essere aperti a fare i conti con la comunità - spiega Monica Gattini, responsabile dei rapporti dei Rapporti Istituzionali del Litta -. Questi lavori ci hanno impegnato fortemente dal punto di vista economico, ma soprattutto ci stiamo proiettando verso una strategia culturale di respiro più ampio, in cui Palazzo Litta diventi un luogo, un ambiente di riferimento per il pubblico, dove si crei una community allinglese: per questo stiamo eleborando un progetto di azionariato diffuso, alla portata di tutti. Ciò permette di superare la cronica fragilità finanziaria che ci lascia appesi ai finanziamenti pubblici (anche se devo dire che i restauri fatti hanno dimostrato che sappiamo gestire bene il rapporto tra i tempi delle amministrazioni e quelli del privato), e di avere partecipazione e riscontro con i cittadini. Dobbiamo uscire dalla corsa alla quotidianità e avere la capacità di fare rete, avere una progettualità ad ampio respiro».
Mentre si studia la forma amministrativa più adeguata, quale potrebbe essere una fondazione, si lavora a pieno regime per riempire di contenuti tutti questi spazi ora riammodernati, dal cartellone del teatro alle manifestazioni nel giardino interno, in questo curioso «condominio» in cui il proprietario è il Demanio dello Stato e gli inquilini sono il Teatro, le Ferrovie dello Stato e la Sovrintendenza.
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