Turni da "schiavi" e soldi della paga restituiti: notaio condannato per caporalato

Condanna a 4 anni e 10 mesi per il notaio Gianfranco Pulvino, con l'accusa di avere gestito nel suo podere un'organizzazione del lavoro fondata sul caporalato

Turni da "schiavi" e soldi della paga restituiti: notaio condannato per caporalato

Orari assurdi, braccianti trattati come schiavi e un rientro, in nero, dei soldi versati nelle buste accuse. Sono pesantissime le accuse per il notaio Gianfranco Pulvino, molto conosciuto nel territorio, originario di Valledolmo in provincia di Palermo. Il Gip del tribunale di Termini Imerese, in provincia di Palermo, Stefania Gallì, lo ha condannato a 4 anni e 10 mesi con l'accusa di avere gestito nel suo podere un'organizzazione del lavoro fondata su un sistema di caporalato. Sfruttamento del lavoro nero ed estorsione tra i reati di cui, col rito abbreviato, il professionista è stato riconosciuto colpevole. Un collaboratore del notaio, Giovanni Barone, è stato condannato a due mesi per favoreggiamento. Assolti invece il figlio del notaio, Giovanni Pulvino, difeso dagli avvocati Salvatore e Rosalia Maria Gugino e Giuseppe Ortolani e un altro collaboratore, Francesco Licitra.

A scoprire tutto sono stati i carabinieri. I militari, dopo alcune indagini, hanno appurato che Pulvino avrebbe sfruttato e costretto ad accettare compensi di appena 25 euro giornalieri, contro i 65 riportati nelle buste paga. Nell'azienda del notaio, che si estendeva ai territori dei Comuni di Caltavuturo e Sclafani Bagni (Palermo) e Vallelunga Pratameno (Caltanissetta), gli operai avrebbero lavorato 12-13 ore al giorno, senza maggiorazioni per lo straordinario, notturno o festivo. Parte delle somme furono restituite. Gli operai hanno ottenuto il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno.

I legali del notaio Salvatore e Rosalia Maria Guggino non hanno convinto il Gip. Mentre gli stessi legali hanno ottenuto l'assoluzione del figlio del notaio, Giovanni, (del collegio difensivo faceva parte anche l'avvocato Giuseppe Ortolani) per il quale era stata chiesta una condanna a tre anni e quattro mesi. Assolto pure un altro collaboratore del professionista, Francesco Licitra. Il podere si estendeva nelle province di Palermo e Caltanissetta, nei comuni di Valledolmo, Caltavuturo, Sclafani Bagni e Vallelunga Pratameno. L'azienda era anche di proprietà dell'anziana madre. Il notaio avrebbe fatto lavorare gli operai per 12-13 ore al giorno, senza maggiorazioni per il lavoro straordinario, notturno o festivo e, approfittando del loro stato di bisogno.

Anzi, dietro minaccia del licenziamento, era riuscito a fari restituire in contanti parte delle somme loro corrisposte con gli assegni mensili, solo formalmente rispondenti alle previste buste paga, facendoli persino accompagnare in banca dal suo fidato collaboratore per incassare gli assegni e subito restituire le somme pretese.

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