Il Papa denunciato all’Aia: «Complice dei preti pedofili»

Quando la rabbia esplode dopo anni di abusi e di silenzi rischia di riversarsi sulle persone sbagliate: il Papa Benedetto XVI; il segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone; il suo predecessore, il cardinale Angelo Sodano, e il prefetto della Congregazione della dottrina della fede, cardinale William Levada. Sono loro infatti i destinatari di una denuncia clamorosa: il ricorso presentato alla Corte penale internazionale dell’Aia contro il Vaticano per centinaia di presunti abusi sessuali compiuti dai preti sui minore. Un atto di accusa drammatico che porta la firma di due associazioni Usa che raccolgono le vittime dei sacerdoti pedofili: lo Snap (Survivors network of those abused by priests) e il Cfcr (Center for Constitutional Rights), un’organizzazione per i diritti umani. Entrambi i gruppi hanno deciso di citare il Vaticano in giudizio davanti alla corte dell’Aja per aver coperto «reati di una gravità indescrivibile, tali da essere paragonati a quelli contro l’umanità». Sul sito dell’associazione, lo Snap spiega di aver deciso questo «storico passo» per proteggere «tutti i bambini innocenti e gli adulti vulnerabili».
I dirigenti delle due Ong (Organizzazioni non governative) usano parole durissime e imputano ai vertici della Chiesa cattolica di «aver tollerato e reso possibile la copertura sistematica e largamente diffusa di stupri e crimini sessuali contro i bambini in tutto il mondo». Attenzione alle parole: «tollerato e reso possibile», «copertura sistematica». Mai nessuno, finora, si era permesso di usare termini così terribilmente espliciti. E le prove di tutto questo? Secondo Snap e Cfcr le prove ci sono, eccome: alla loro denuncia è infatti allegata una documentazione di oltre 10.000 pagine con l’esposizione di vari casi di pedofilia da parte di sacerdoti in tutto il mondo.
Un’autorevole replica è venuta dal cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli e prefetto emerito di Propaganda Fide: «Qui c’è, dobbiamo dirlo molto concretamente, il solito tentativo anti-cattolico che tende in qualche maniera a offuscare un’immagine che, dal punto di vista umano, è quanto di più prestigioso abbiamo nella nostra società». E poi: «Queste sono le cose più assurde perché se c’è un amante dell’umanità, per vocazione insita al proprio essere cristiano e per formazione anche culturale e sociale, questo è l’attuale Papa. È la Chiesa che si fa madre e maestra dell’umanità - ha aggiunto il cardinale di Napoli - e invece poi si arriva a queste cose assurde. Mi sembra che siamo completamente fuori da ogni logica».
«No comment»: questa invece la posizione a cui, almeno per il momento, la Santa Sede ritiene di volersi attenere. Un silenzio che però non potrà certo essere procrastinato più di tanto, alla luce soprattutto della gravità delle accuse ora al vaglio della Corte penale internazionale dell’Aja.
«Il Vaticano - si legge nel documento presentato dalle due associazioni americane - ha sempre resistito all’idea di essere soggetto alla legislazione di altre autorità governativi, si tratti di leggi nazionali, internazionali o locali». Ma perché a finire sul banco degli «imputati» sono finiti proprio Ratzinger, Bertone, Sodano e Levada? In qualche misura nel rapporto presentato dai due gruppi si fa leva su una loro «responsabilità oggettiva» per il ruolo che ricoprivano o ricoprono, sostenendo che «tutti e quattro, a partire da Ratzinger, avrebbero incoraggiato politiche e strategie volte a insabbiare i casi di pedofilia, ostacolando la giustizia»; «avrebbero contribuito a creare un clima di silenzio»; «avrebbero protetto i colpevoli».


«Crimini commessi contro decine di migliaia di vittime, la maggior parte bambini, sono stati coperti da funzionari del Vaticano molto «altolocati» - ha dichiarato all’Ansa Pamela Spees, uno degli avvocati che hanno portato in giudizio i vertici vaticani -. Stimiamo che siano almeno 20 mila i preti che hanno perpetrato abusi e che sono ancora in carica». La Santa Sede non può trincerarsi dietro un «no comment».

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