È nato un nuovo paradigma politico nelle democrazie occidentali. Lo storico confronto tra conservatori e progressisti ha cambiato habitat e non corrisponde più alle vecchie sigle politiche. A ben vedere, infatti, nell'ultimo decennio, ha conquistato la scena del mondo una sorta di inedito bipolarismo politico-culturale: da una parte un grande "partito dei valori", dall'altra un altrettanto grande "partito dei diritti". Due partiti trasversali: nelle classi dirigenti e nelle opinioni pubbliche. Il primo coinvolge la destra nelle sue varie declinazioni e buona parte dell'elettorato liberale e popolare. Il secondo mette insieme socialisti e verdi, lambendo anch'esso settori di area liberal-popolare. Una nuova miscela che rende sempre più complicato definire un invalicabile spartiacque tra l'idea di conservazione e quella di progresso. Ma com'è nato e cosa rappresenta questo "nuovo bipolarismo"?
Innanzitutto va considerato che il "partito dei valori" è sostanzialmente reazionario. Attenzione, non in senso ideologico, ma letterale: è nato infatti come "reazione" alla finora incontrastata egemonia del "partito dei diritti". Soprattutto intorno a due "issues": la prima è la denuncia della debolezza del pensiero progressista sul governo dell'immigrazione, troppo spesso incline ad una permissiva accoglienza. La seconda mette nel mirino quelle teorizzazioni che interpretano la democrazia come il regno dell'illimitata espansione dei diritti individuali. Una sorta di consumismo bio-tecnologico, secondo il quale ogni desiderio dell'essere umano, in specie quelli relativi alla sessualità e alla corporeità, deve poter essere soddisfatto. Ciò che oggi passa sotto il termine di "cultura woke". La parola-chiave del partito dei valori è identità. Si parte, infatti, dalla convinzione che sia in atto un declino della civiltà occidentale figlio dello smarrimento dei suoi valori costitutivi. In specie lungo tre direttrici: la religione, vista non tanto e non solo come culto, quanto come storica motivazione dello spirito pubblico; la patria come senso di appartenenza a una terra e a una nazione; la famiglia come base, sia pure dentro le mutate condizioni giuridiche, dell'organizzazione sociale e dell'ordine tra le generazioni. Per questo partito il "progresso" consiste in gran parte, come scriveva Leopardi, nel "recuperare ciò che è stato perduto". La parola-chiave del partito dei diritti è, invece, cittadinanza. Laddove si sottolinea il primato delle norme e delle procedure su qualsivoglia richiamo a verità morali che, in omaggio alla cultura postmoderna, non possono e non debbono avere spazio nel discorso pubblico. È ciò che la cultura cristiana chiama relativismo etico e che, in effetti, somiglia a una sorta di nichilismo filosofico, considerando come materia d'antiquariato il confronto tra verità alternative intorno al senso della vita. Ovviamente, com'è naturale che sia, in ciascuno di questi due grandi partiti trasversali convivono posizioni estreme e correnti moderate. Nel "partito dei valori", ad esempio, appaiono certamente retrò le visioni ideologiche di alcuni movimenti di estrema destra europei (in specie tedeschi) e di alcune frange dell'universo Maga che contraddicono apertamente i valori occidentali che pure dichiarano di difendere. Analogamente, anche nel "partito dei diritti" fioriscono posizioni estreme, come quelle che perseguono una vera e propria "alterazione di civiltà" attraverso l'annullamento dei concetti di genere, di maternità e paternità. O come quelle che, mentre negano, come detto, cittadinanza attiva al cristianesimo (e ora anche all'ebraismo) difendono invece a spada tratta i "diritti pubblici" del mondo islamico.
È probabile che lo scontro tra queste due grandi "aree" trasversali segnerà ancora a lungo la dialettica delle nostre democrazie. Ed è altrettanto probabile che, alla fine, anche in Italia, prevarranno quelle leadership che non dimenticheranno come le nostre terre siano ormai diventate bulimiche di diritti e anoressiche di valori. E, tuttavia, si mostreranno capaci di trovare una sintesi tra la parte moderata del "partito dei valori" e i settori più ragionevoli del "partito dei diritti", sconfiggendo tutti gli estremismi polarizzati e, dunque, paralizzanti.
Il che significa trovare su ogni tema, dalla politica estera all'immigrazione, dal Green Deal alle scelte sulla famiglia, l'equilibrio e il coraggio necessari per guidare l'Occidente verso una nuova stagione di progresso.