Milano soffre, come altre metropoli, del mal del traffico, una sindrome che conferisce ai suoi ritmi vitali un andamento asmatico-lumachiano. Soffriamo tutti, produttori, venditori, consumatori e il disagio si traduce in un danno incalcolabile, per la qualità della vita e per leconomia. Le grandi opere diventano sempre più necessarie e urgenti, ma il partito del no non riposa mai, è sempre allattacco con argomentazioni consunte e ripetitive come giaculatorie. Ieri Verdi, Rifondazione comunista e Comunisti italiani hanno sferrato un nuovo affondo contro il progetto della Tangenziale est esterna. Chiedono che il neo ministro Di Pietro usi qualsiasi strumento per indurre il Cipe a rimangiarsi lapprovazione a suo tempo concessa per lopera. Che sarebbe troppo costosa, deturperebbe il territorio, si tradurrebbe addirittura in un danno economico.
Dietro queste posizioni che sono le stesse con le quali si vuole bloccare la Tav cè una visione datata e fortemente ideologizzata dello sviluppo e delle esigenze metropolitane: si indugia in un rimpianto quasi pre-industriale e pre-moderno, ignorando che quando una città rischia lo strangolamento da traffico le sofferenze maggiori sono riservate proprio ai ceti più fragili, ai cittadini anziani e meno abbienti. Daltra parte, lalternativa proposta alle grandi opere che dovrebbero favorire una migliore mobilità è vecchia e soltanto in parte praticabile. Si suggerisce di potenziare le infrastrutture esistenti e, ancora, di potenziare il trasporto pubblico, come se i mezzi pubblici non fossero essi stessi prigionieri del traffico.
Si vuole ripetere a Milano lo schema sperimentato in Val di Susa. Si arriva anche alla proposta del tavolo intorno al quale ricercare lintesa di tutti i Comuni attraversati dallopera.
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