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Il Pdl a Bologna è troppo litigioso E rischia di allearsi con Bocchino Il partito non ha ancora espresso un candidato sindaco e una parte vuole sostenere il Terzo Polo. In corsa c’è anche la Lega, ma è scontro sul ticket

Eccoci a un passo dal suicidio politico, a Bologna, del Pdl, senza candidato sindaco, riluttante a dire sì a Manes Bernardini (indicato dalla Lega), orientato ad appoggiare Stefano Aldrovandi, «civico» voluto dall’ex-sindaco Giorgio Guazzaloca e dall’Udc, impalmato venerdì da Italo Bocchino in nome del Fli e del cosiddetto Terzo Polo, beatificato da Filippo Berselli coordinatore regionale del Popolo della Libertà.
Lo scontro nel partito è furibondo. Il coordinatore cittadino, l’onorevole Fabio Garagnani, rifiuta l’idea della cancellazione del Pdl e annuncia le dimissioni, se prevarrà la scelta di Berselli. Lorenzo Tomassini, capogruppo di opposizione durante il breve regno di Flavio Delbono, si appella a Silvio Berlusconi nella difesa di un progetto da sempre alternativo alla sinistra. Quasi tutta la parte ex-Forza Italia è in subbuglio. Non può digerire la confluenza elettorale in un’Arca di Noé di stampo «ulivista», con a capo l’ex-manager di Hera. Sì, Aldrovandi, ispiratore e guida di una lista senza il simbolo del Pdl, con un paio di transfughi dal Pd, poi forse il redivivo Guazzaloca e di sicuro la ciellina Valentina Castaldini; e con la promessa di offrire, se eletto, posti in giunta a esponenti del centrosinistra. Il tutto con la benedizione di Giovanni Consorte, appena reduce dal quasi completato risanamento del Bologna Calcio e soprattutto dal colpaccio del ritorno di Alfredo Cazzola alla guida del club.
Consorte è il king-maker di Aldrovandi. «Un’ottima notizia», commenta Guazzaloca. Ma Cazzola eccepisce: «Aldrovandi non può fare il sindaco, né di Bologna né di Castelmaggiore». Troppo grande, spiega, il conflitto di interessi per un imprenditore che lavora solo con appalti pubblici. Non proprio una carezza, dunque; anzi, quasi un vaticinio, che dovrebbe consigliare al Pdl di abbandonare questa pista. Cazzola è stato l’artefice di fatto della caduta del sindaco Flavio Delbono, che ha gettato su Bologna l’onta di un commissariamento ormai vicino ai 15 mesi. La confusione transita per il calcio e approda nella politica. Che cosa vuole, davvero, Consorte? Ha forse usato il salvataggio del Bologna come taxi per altri obiettivi?
Ma perbacco, si dirà, possibile che in tutto questo tempo il Pdl non sia stato capace di trovare un leader e organizzare una corsa che potesse concludersi con la riconquista, nient’affatto improbabile, di palazzo d’Accursio? Ebbene sì, grazie a una bizzarra strategia del vertice regionale. Dopo un letargo di un anno, tutto il 2010, mentre il Pd superava il trauma della forzata rinuncia di Maurizio Cevenini e candidava Virginio Merola ricompattandogli intorno tutta l’area di sinistra, Berselli ha «lanciato» l’ipotesi del commissario Annamaria Cancellieri, assurda non essendo eticamente concepibile che una pur valida e apprezzata persona come questa prefetto passasse dal ruolo di commissario a quello di candidato sindaco.
E allora, un florilegio di nomi, conigli usciti dal cappello, senza mai puntare alla sola, ragionevole scelta, un giovane che rappresentasse un elemento di novità e di coraggio. Come Annamaria Bernini, area An, già ottima contro Vasco Errani alle regionali 2009; o come Lorenzo Tomassini, area Forza Italia e Galeazzo Bignami, area An, capaci di mietere valanghe di preferenze. Strategia perdente, ma subdola, perché voluta per non lasciare immagine e consenso a una nuova classe dirigente. Così di rinvio in rinvio si è arrivati a quella che Berselli ritiene essere una scelta ormai obbligata, Aldrovandi.


Ma i giochi non sono fatti e il Pdl di Bologna può ancora esprimere un proprio candidato oppure sostenere Manes Bernardini nel rispetto di un’alleanza con la Lega solida anche in Emilia-Romagna. Almeno è quanto sperano in tanti.

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