Un pensionato d’oro con 700 milioni in tasca

Nostro inviato a San Paolo

Schumi è un pensionato. Dopo trentacinque anni di onorato lavoro, visto che babbo Rolf lo mise sui kart appena raggiunta la maggiore età motoristica, tre anni cioè, Michael è finalmente andato in pensione. Ha lavorato duramente, ha versato i suoi bravi contributi da libero professionista, ad un certo punto si è pure tutelato, traslocando prima a Montecarlo e poi in Svizzera, per non regalare metà di tutto al fisco tedesco. E ieri mattina, questo pensionato di quasi 38 anni, assorbiti i vapori dei brindisi notturni, ha potuto finalmente guardare al proprio futuro senza più le distrazioni agonistiche. La nuova sfida sarà vivere da uomo normale, crescere i figli come ragazzini normali, senza che l’immenso tesoro messo in cassaforte possa distrarre lui e i suoi cari.
Perché non sarà cosa semplice. Mettendo insieme tutti i suoi guadagni, il pensionato Schumi potrebbe davvero nuotare nelle monete come Paperon de’ Paperoni. Si calcola che il bottino accumulato in carriera si aggiri attorno ai 700 milioni di euro. Solo in questo suo ultimo anno da pilota Ferrari, il ragazzo figlio del custode della pista di kart di Kerpen, barista nel chiosco accanto alla pista, ha guadagnato 75 milioni di euro. Facendo il terribile gioco del «divido per mesi e per giorni», si scopre che al mese, il grande ex ferrarista, ha intascato oltre 6 milioni di euro, al giorno oltre 200mila.
E pensare che il suo primo stipendio da pilota di kart, inquadrato come apprendista meccanico, era stato di 540 marchi al mese (circa 300 euro di oggi). Se nell’agosto del 1991, il suo manager, Willi Weber, sganciò 200mila dollari per convincere Eddie Jordan a dargli un’auto per il Gp del Belgio, già due settimane dopo, a Monza, il ragazzino di Kerpen (aveva 22 anni) firmava il suo primo vero contratto per 200mila dollari. L’affare lo fece lui, ma soprattutto Briatore, che si accaparrò il più grande di sempre.
Ma è con i due mondiali conquistati al volante della Benetton e il successivo approdo in Ferrari che il suo conto in banca diventa stellare: nel ’94, quando conquista il primo titolo, Michael guadagna già 10 milioni di dollari a stagione, che diventano 20 all’inizio del ’95, da campione del mondo. Nell’estate di quello stesso anno, il tedesco firma con la Rossa: e i milioni di dollari diventano 36, che salgono a 45 due anni dopo e via a lievitare come una gustosissima torta fino ai 75 e rotti dell’ultimo periodo.
Quello che molti non sanno è che Michael ha sempre cercato di conciliare la sua sterminata ricchezza con la propria coscienza. Solo ultimamente cominciano infatti a trapelare le cifre date in beneficenza. Dopo lo tsunami del 2004, Schumacher donò 10 milioni di dollari per gli aiuti; dopo l’alluvione in Germania, un altro milione.

Che si sommano a quelli destinati, in qualità di ambasciatore dell’Unicef e dell’Unesco, alla causa dei bambini. Fatti due conti, qualcosa come 40 milioni di euro. Per cui, quando il 25 dicembre si veste da Babbo Natale, meglio non sfottere, lo è per davvero.

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