Ma perché è toccato a me avere un figlio comunista?

Caro direttore, mio figlio Marco ha dodici anni e - come dice lui - è un comunista, l'unico della mia famiglia. Naturalmente nessuno di noi lo contesta o, tanto meno, lo irride per questa sua «fede»; cerchiamo solamente di parlarne ad ogni occasione. L'altra sera abbiamo sentito al tg che un contadino russo è stato condannato ad un anno di carcere per aver dato da mangiare pane al suo maiale. Marco non ci ha creduto. Ha chiuso seccamente la discussione dicendo che uno di ciò che compra può fare quello che vuole. Sono rimasto molto stupito di questo suo tentativo di non parlare della cosa. Penso che questi giovani, nati e cresciuti nella libertà, siano tutti un po' come lui. Captano nel comunismo un vago senso di uguaglianza sociale e si professano comunisti, ma rifiutano di approfondire le ragioni perché si rendono conto di non poterne condividere i sistemi.

Per i giovani - beati loro - tutto ciò che non piace non esiste; basta non parlarne. Sono comunisti senza prendere sul serio il comunismo. Chissà, forse pensano di poterlo cambiare. Cari ragazzi: l'illusione è propria della loro bella età.
C. Averna Savona

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