nostro inviato a Perugia
Non è «senza dubbio maschile» la mano che ha spinto il coltello nella gola di Meredith Kercher, dissanguandola fino a morire. La lama quando è affondata ha risparmiato la carotide: è stata l’emorragia a ucciderla. Ora gli inquirenti ritengono che quel colpo fatale potrebbe essere stato inferto anche da una donna, non necessariamente Amanda Knox, allungando così l’elenco dei potenziali esecutori materiali che avevano accesso alla casa di via della Pergola. Un’altra pista su cui lavorare, mentre si cerca di ricostruire le ore del delitto. La mobile di Perugia guidata da Domenico Profazio, la scientifica e lo Sco, con il dirigente Fabio Giobbi, sono impegnati in una certosina raccolta di ogni elemento utile a chiarire tutti i movimenti tra la sera dell’1 novembre alla mattina del 2, quando la polizia trovò Amanda Knox e Raffaele Sollecito nel giardino del casolare. Si cercano nuovi indizi, si esaminano le impronte e le tracce, abbondanti, lasciate sulla scena del delitto. Cercando anche di capire quali fossero i telefonini «attivi» nell’area in quelle ore. C’è prudenza, invece, sul misterioso sms che avrebbe «annunciato» l’omicidio. «Per me domani o stasera Meredith viene uccisa», il testo del messaggio arrivato la sera del 31 ottobre al commesso di un negozio di Roma. L’uomo, pensando a uno scherzo e non riconoscendo il numero del mittente, l’ha cancellato la sera stessa. Ma dopo aver letto dell’omicidio ha raccontato tutto ai carabinieri. Impossibile, prima degli accertamenti con gli operatori telefonici, valutare l’attendibilità della segnalazione.
Si lavora anche sulle agende di Amanda, sequestrate insieme alle foto e al computer. Ieri la Knox ha incontrato in carcere la madre, Edda Mellow, dicendole di essere «fiduciosa» su un rapido rilascio, e cambiando ancora versione su quella notte. «Alla madre - ha spiegato il suo legale Luciano Ghirga - ha detto che è vera la prima versione fornita agli inquirenti nel primo interrogatorio, il 2 novembre, quando raccontò di essere stata sempre in compagnia del fidanzato, Raffaele, e lontana da casa la notte del delitto». Anche Sollecito, ieri, ha ricevuto la visita del padre nel carcere di Capanne. L’uomo ha ribadito di essere certo dell’innocenza del figlio, e i suoi legali hanno annunciato di aver chiesto un incidente probatorio sia sul coltello del ragazzo, ritenuto la probabile arma del delitto, che sulle scarpe «Nike» di Raffaele, che per gli inquirenti sarebbero compatibili con l’impronta trovata sotto il piumone che copriva il cadavere di Mez. Gli esami irripetibili sull’arma e sulle calzature sono in calendario per lunedì. La mobile, intanto, ha messo sotto sequestro il pub «Le Chic» gestito dal terzo arrestato per l’omicidio, Patrick Lumumba Diya, e la scientifica è al lavoro sulla maglietta indossata dall’uomo la notte del primo novembre. Diya ha sostenuto come alibi proprio di aver lavorato nel bar dalle 18 a oltre la mezzanotte quella sera, anche se il primo scontrino lo emise solo alle 22.29.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.