Permessi di soggiorno, arresti in Prefettura

Permessi di soggiorno, arresti in Prefettura

È stata una retata senza telecamere e senza conferenze stampa: perché l'indagine è solo agli inizi, non si sa quanto ramificato ed elevato sia il malaffare. E, insomma, gli investigatori avrebbero preferito lavorare con calma. Ma quando le manette scattano nel palazzo più rappresentativo del potere statale in città - la Prefettura di corso Monforte - è difficile che un segreto resti tale a lungo. E così la notizia ha cominciato a circolare. Poi, ieri pomeriggio, in Procura è iniziata la sfilata degli arrestati, convocati per l'interrogatorio davanti al pm Alfredo Robledo.
L'inchiesta che ha portato i carabinieri in Prefettura parla di temi delicati: immigrazione clandestina, permessi truccati, lavori inesistenti. Parla di stranieri che avrebbero diritto al permesso di soggiorno, e che ne vengono privati a vantaggio di altri che il diritto non lo avrebbero. E parla di come tutto questo sia stato reso possibile dalla complicità di chi lavorava in corso Monforte. In particolare, in quello Sportello Unico per l'Immigrazione che dovrebbe essere l'interlocutore affidabile per una serie di pratiche: dall'ingresso nel mercato del lavoro dei cittadini dei nuovi paesi dell'Unione europea (polacchi, rumeni, bulgari) all'ingresso di extracomunitari al di fuori dei flussi contingentati.
Secondo le poche indiscrezioni che circolano gli ordini di custodia - chiesti dal pm Robledo e firmati dal giudice preliminare Giovanna Verga - avrebbero colpito sette o otto persone. Tra queste, almeno tre che hanno lavorato nel corso di questi anni allo «sportello» in Prefettura. In particolare, circola il nome di Linda Scuteri, a lungo tra i responsabili dello sportello. Non si tratta, secondo quanto si è compreso finora, di personale dipendente dal Ministero degli Interni ma di esterni all'amministrazione, arruolati attraverso agenzie di lavoro interinale per fare fronte al superlavoro piovuto sugli uffici pubblici con la nuova legge sull'immigrazione. Esterni che però si trovavano di fatto a gestire con autonomia quasi totale e senza troppi controlli una macchina delicata come quella dello sportello.

Secondo le accuse riportate nell'ordine di custodia, i permessi di soggiorno sarebbero stati rilasciati in alcuni casi sulla base di documentazione fasulla, come dichiarazioni di assunzione prive di riscontro nella realtà; in altri casi i permessi sarebbero stati emessi grazie a documentazione assolutamente regolare: peccato che al momento di venire rilasciato, il permesso venisse intestato non al legittimo titolare, ma al nome indicato dall'organizzazione. Per fare questo, la banda - che era in possesso delle password d'accesso - era penetrata nel sistema informatico di corso Manforte. E si era spinta sino a falsificare il sigillo della Prefettura

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