La Regina e il maggiordomo: il mistero degli oggetti di Lady Diana spariti da Kensington Palace

Nel 2001 l’ex maggiordomo di Lady Diana venne accusato di furto e fu scagionato, a sorpresa, grazie all'intervento della regina Elisabetta

La Regina e il maggiordomo: il mistero degli oggetti di Lady Diana spariti da Kensington Palace

Paul Burrell, ex maggiordomo di Lady Diana, è sempre stato considerato una figura molto divisiva e controversa nella storia recente della royal family britannica. Non sono state solo le sue dichiarazioni a suscitare scalpore, ma anche una vicenda enigmatica che lo vide protagonista più di vent’anni fa. Un processo a suo carico da cui venne letteralmente salvato, in extremis, dall’ultima persona che i tabloid e gli esperti reali avrebbero immaginato: la regina Elisabetta. Le circostanze di questo inaspettato aiuto, però, non convinsero del tutto la stampa. Inoltre sembra che la sovrana abbia dato a Burrell uno strano, sinistro avvertimento che nessuno è mai riuscito a spiegare, a contestualizzare con precisione.

Burrell il maggiordomo

Paul Burrell è ormai un personaggio celebre per i media e il pubblico che seguono gli avvenimenti legati alla royal family. Lavorò come maggiordomo per Lady Diana dal 1987 al 1997, divenendone uno dei principali confidenti. Nel 2017, poco prima dell’annuncio del fidanzamento di Harry e Meghan, i figli della principessa lo avrebbero incontrato in segreto, ansiosi di parlare “con qualcuno che era stato vicino alla loro madre”, ha rivelato una fonte al Sun. “Paul fu felice di dire loro tutto ciò che sapeva e fare luce sui loro ricordi”. Tuttavia William e Harry avrebbero “chiesto di mantenere il riserbo” su quella conversazione e “lui rispettò” la loro volontà.

L’opinione dei giovani Windsor su Burrell sarebbe cambiata quando questi pubblicò il libro “A Royal Duty” (2001), basato sulla vita di Lady Diana. I due non avrebbero mai perdonato quello che reputavano un oltraggio alla memoria della madre e, ha ricordato il Daily Mail, “un insensibile, palese tradimento”. Nel 2008 Paul Burrell finì al centro dell’inchiesta sulla morte di Diana, con l’accusa di aver sottratto l’anello Bulgari dono di Dodi al-Fayed alla principessa. L’ex maggiordomo, infatti, avrebbe sfilato il gioiello dal dito di Lady D poche ore dopo la sua morte, almeno secondo la testimonianza della guardia del corpo Michael Faux.

Negli anni poi, Burrell si fece notare dalla stampa internazionale per alcune dichiarazioni discutibili, come quella riguardante l’avvistamento del "fantasma" di Lady Diana, nel 2024. A destare vero stupore, però, fu l’accusa di furto che lo travolse tra il 2001 e il 2002.

“Oggetti sottratti” a Kensington Palace

Nel gennaio 2001, ha affermato il Daily Mail, l’ispettore capo Maxine de Brunner e tre agenti di polizia si sarebbero recati, poco prima dell’alba, nella residenza di Burrell, vicino Runcorn (Cheshire). Le autorità avrebbero chiesto all’ex maggiordomo se tenesse in casa degli oggetti sottratti da Kensington Palace, ultima residenza di Lady D. Burrell avrebbe risposto di no. Subito dopo sarebbe stato arrestato e l’abitazione perquisita. I poliziotti vi avrebbero trovato una notevole quantità di dipinti, fotografie, abiti e note personali appartenuti a Diana, ma anche altri oggetti di proprietà di William e Harry.

L'ex maggiordomo si dichiarò innocente, sostenendo di aver ricevuto ogni singolo ricordo direttamente dalle mani di Lady Diana. A quanto pare, però, non poteva dimostrare la sua versione dei fatti. Così venne processato per il furto di 310 oggetti del valore di circa cinque milioni di sterline. Nell’aprile del 2002 la polizia avrebbe cominciato a indagare anche sulla possibile vendita, da parte dell'uomo, di alcune di queste proprietà. Durante il processo emerse una circostanza interessante: nel dicembre 1997, circa quattro mesi dopo la morte di Diana, Paul avrebbe incontrato la regina Elisabetta in privato, informandola di aver preso da Kensington Palace alcune delle carte della principessa per custodirle.

Nel settembre 2002 l’avvocato di Burrell avrebbe chiesto un incontro con Sua Maestà per discutere della vita, del lavoro e della reputazione dell’uomo a Palazzo. Elisabetta II, però, avrebbe rifiutato, poiché la Corona non era coinvolta nel caso ed era meglio, per l'immagine dell'istituzione, che le cose rimanessero in questo modo. Le indagini dimostrarono che Paul non aveva venduto nessuno degli oggetti appartenuti a Diana e ai suoi figli. Rimaneva, però, l’imputazione del furto. Ed ecco il colpo di scena: il 25 ottobre 2002, hanno spiegato il Daily Mail e il sito ufficiale della royal family, la sovrana, il principe Filippo e il principe Carlo lasciarono il Palazzo per recarsi alla Cattedrale di St. Paul, dove era stata organizzata una funzione religiosa in memoria delle vittime dell’attentato terroristico di Bali, avvenuto il 12 ottobre di quell’anno.

Passando in auto di fronte al tribunale dell’Old Bailey la Regina avrebbe notato una gran folla di fronte all’ingresso. Le sarebbe stato spiegato che era in corso il processo contro Paul Burrell. Il Daily Mail ha scritto: “Apparentemente la Regina era ignara del fatto che [l’uomo] fosse sotto processo”. Dopo aver avuto tutte le informazioni relative alla vicenda, Elisabetta avrebbe ricordato all’improvviso che diversi anni prima l’ex maggiordomo si era recato da lei per chiederle di poter custodire alcuni documenti di Diana. Avrebbe riferito anche di aver concesso il suo permesso senza esitazione.

Questa incredibile rivelazione sarebbe stata immediatamente comunicata alle autorità. Le accuse non avevano più ragion d’essere, visto che si basavano sulla tesi secondo la quale l'ex dipendente di corte avrebbe prelevato degli oggetti di Lady D da Kensington Palace senza chiedere il permesso alla famiglia reale. Il 1° novembre 2002 Paul Burrell venne prosciolto da tutte le accuse.

Tutto ciò che non torna

“Il lampo di memoria della Regina ha salvato Burell. Ma perché [Elisabetta] ci ha messo così tanto?”, titolò il Guardian il 2 novembre 2002. In effetti ci sarebbero diverse stranezze in questo caso: alcuni ritennero improbabile che Elisabetta non sapesse nulla di un furto che sarebbe avvenuto a Kensington Palace, del processo e delle accuse a Paul Burrell, un ex dipendente della Corona. Considerarono poco credibile anche le circostanze in cui sarebbero affiorati i ricordi che hanno scagionato l'ex maggiordomo, in auto, all'improvviso, durante un evento pubblico.

Tuttavia il pubblico ministero William Boyce, citato proprio dal Guardian, spiegò: “Poiché le proprietà personali della Regina non erano coinvolte e data la preoccupazione di evitare qualunque ipotesi di interferenza nelle indagini da parte di Buckingham Palace, la Regina non è stata informata riguardo al modo in cui era stato preparato il caso contro Burrell. Per questo la Regina non ha avuto la possibilità di conoscere, fino a dopo l’inizio del processo, la rilevanza della richiesta di Burrell di prendere degli oggetti per custodirli”.

Non possiamo escludere che Elisabetta abbia collegato il colloquio avuto con Burrell al processo solo in una fase successiva, dopo essere stata informata dei fatti. Non è impossibile nemmeno che sia stato solo Buckingham Palace a seguire il processo e non abbia ritenuto opportuno allarmare Elisabetta. Certo, suona ancora più bizzarro che la Regina non sia stata avvisata, se pensiamo che la questione riguardava oggetti dei suoi famigliari, dell’ex nuora Lady Diana, ma anche dei suoi nipoti diretti, William e Harry. Se davvero, poi, l’avvocato di Burrell le chiese un colloquio, poi rifiutato, per parlare della quotidianità dell’imputato a Palazzo, appare addirittura sorprendente che la sovrana fosse completamente ignara della vicenda.

A meno che tale richiesta non sia mai arrivata a Elisabetta, ma si sia fermata allo staff reale, che si sarebbe occupato di gestirla in maniera discreta. Ci sono, però, altre cose che non tornano: stando sempre al Guardian l’allora principe Carlo e il principe William sarebbero stati “ingannati” a proposito delle presunte responsabilità di Burrell.

La polizia, infatti, avrebbe raccontato ai due che l’ex maggiordomo aveva venduto alcuni degli oggetti presi a Palazzo. Solo che le indagini confermarono l’esatto contrario. I principi, poi, sarebbero stati informati anche del fatto che una “fonte indipendente” avrebbe mostrato agli agenti delle foto di una festa a cui avevano partecipato alcuni membri dello staff reale, indossando abiti di Diana. Tuttavia in tribunale, ha scritto il Guardian, “la polizia ammise di non avere tali prove”. Queste immagini non sarebbero mai esistite. L’episodio increscioso riguardante il party non si sarebbe mai verificato. Nessuno sa, però, chi e per quale motivo avrebbe mentito. Non è chiaro neppure perché sarebbe stato coinvolto proprio Paul Burrell.

Riguardo al salvataggio di quest’ultimo il Guardian ha ipotizzato: “…Mentre la Regina e l’erede al trono si recavano a St. Paul per la cerimonia commemorativa, si chiesero se potevano essere certi che la risolutezza di Burrell a [mantenere] la discrezione non avrebbe vacillato sotto pressione? Dopotutto l’ex maggiordomo conosceva tutti gli scheletri negli armadi reali...”. Elisabetta II avrebbe difeso Burrell solo per assicurarsi un alleato fedele ed evitare che cedesse alla tensione e rivelasse verità scomode sulla royal family, mettendo in pericolo l’intera istituzione monarchica? Non esistono prove. Siamo nel campo delle congetture.

“Forze che agiscono nel Regno”

Nel suo nuovo libro “The Royal Insider. My Life with the Queen, The King and Princess Diana”, pubblicato lo scorso 11 settembre, Paul Burrell torna sulla questione degli oggetti prelevati da Kensington Palace, raccontando come sarebbero andate davvero le cose. Dalla sua narrazione, però, emergerebbero due nuovi misteri che lo vedono ancora una volta protagonista.

L’x maggiordomo, citato dal Mirror, sostiene di aver avuto un colloquio privato con la monarca. Una conversazione molto cordiale, ma terminata con una specie di inquietante avvertimento: “Parlammo del terribile giorno in cui era morta Diana e di ciò che avevo visto a Parigi prima dell’arrivo del principe di Galles e delle sorelle di Diana. [La Regina] disse: ‘Deve essere stato tremendo per te’. Raccontai delle tante persone con cui avevo parlato e che avevo visto e a quel punto [Elisabetta II] mi rivolse un duro avvertimento: ‘Faccia attenzione. Ci sono forze in gioco nel mio Paese di cui nemmeno io ho [piena] conoscenza’”.

Secondo la ricostruzione di Burrell la sovrana non avrebbe voluto aggiungere altro, facendo capire al suo ospite che il colloquio era finito. Purtroppo non abbiamo altri resoconti dell’aneddoto oltre a quello dell’ex dipendente. Impossibile, poi, sapere cosa intendesse davvero Sua Maestà, quali fossero queste “forze” così potenti da non poter essere contrastate neppure dalla Corona, perché Elisabetta avrebbe deciso di mettere in guardia Burrell e per quale ragione lo avrebbe fatto proprio durante quella conversazione.

Inevitabilmente il pensiero va alle circostanze della morte di Lady Diana: qualcuno potrebbe pensare che ci siano proprio queste “forze” dietro all’incidente nel Tunnel dell’Alma e, magari, dietro alle accuse mosse a Paul Burrell nel 2001. Sono, però, soltanto teorie non suffragate da prove, basate su un semplice racconto. La ricostruzione dei fatti prosegue con il ricordo relativo alla sorte degli oggetti appartenuti a Lady Diana e rimasti a Kensington Palace.

Burrell si sarebbe sentito “solo e vulnerabile” dopo la morte della principessa. La sua tristezza e la sensazione di rassegnazione si sarebbero acuite quando avrebbe scoperto la madre di Diana, Frances Shand Kydd, intenta a distruggere dei documenti personali della figlia a Kensington Palace. Carte che, secondo l’uomo, avrebbero avuto un enorme valore storico. Anche in questo caso, però, il motivo del presunto gesto sembra destinato a rimanere un enigma.

Burrell scrive di aver informato la Regina, durante il colloquio, sia di ciò che avrebbe fatto Frances Shand Kydd, sia della volontà della principessa Diana di consegnargli alcuni dei beni a cui teneva di più, concludendo: “Non potevo restare a guardare mentre la storia veniva

cancellata. [Diana] aveva lottato duramente per [preservare] la poca privacy che le era rimasta e io avevo tenuto al sicuro gli oggetti personali che lei mi aveva affidato, chiusi a chiave nel mio archivio nel ripostiglio“.

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