nostro inviato a Perugia
Sanno chi è. Non ancora dov'è. Gli inquirenti hanno dato un nome al quarto uomo che, nella casa perugina dove tra il primo e il due novembre è stata uccisa Meredith Kercher, ha lasciato tracce (biologiche) di sé sul cadavere della ragazza inglese, sul cuscino macchiato di sangue ritrovato sotto al corpo e nel bagno dell'abitazione. L'identità del «nuovo» protagonista del giallo di Perugia, però, resta blindata in procura e negli uffici della mobile: si tratterebbe di un africano con precedenti per reati connessi alla droga. Sarebbe già stata firmata ieri dal gip Claudia Matteini l'ordinanza di custodia cautelare in carcere, chiesta per l'uomo dal pm Giuliano Mignini. La Matteini, di certo, ha firmato il via libera all'incidente probatorio per stabilire l'ora della morte di Mez, come chiesto dai legali di Lumumba. Il 26 novembre i periti decideranno se sia necessaria la riesumazione.
Sulle voci di un fermo imminente per ora bocche cucite. Per trovare il «quarto uomo» gli investigatori hanno «mappato» tutti coloro che hanno messo piede nel casolare di via della Pergola nei due giorni precedenti l'omicidio, setacciando i verbali di amiche e coinquiline di Mez e Amanda, raccogliendo nuove testimonianze, incrociando i riscontri. Un elenco lungo: nei due piani di quella casa abitavano otto studenti, ognuno con amici e conoscenti. Ma su quella lista, alla fine, Sco e Mobile ritengono di aver individuato chi ha lasciato l'impronta della mano insanguinata sul cuscino.
Su questa pista l'inchiesta ha preso una nuova direzione. L'ipotesi degli investigatori, ora, è che in casa di Mez quella sera ci fossero Amanda e l’uomo misterioso. Forse una persona a cui Mez piaceva, o qualcuno che invece non piaceva affatto a lei. Non si esclude, infatti, che lo scopo di quella visita notturna fosse intimidire Meredith, non dar vita a un gioco erotico finito male. Uno scopo premeditato. Il coltello che ha conservato sulla sua lama il Dna della ragazza uccisa e quello di Amanda proveniva da casa di Raffaele Sollecito, da quel cassetto dove è tornato dopo il delitto: è nell'inventario del proprietario di casa del barese. Ce n'erano dieci, simili, anche nella cucina della casa dove è avvenuto l'omicidio, ma non ne manca nessuno.
Meno certezze sulla presenza di Raffaele in via della Pergola al momento dell’omicidio. L'alibi «telematico» del ragazzo (che sostiene di essere restato davanti al pc) è tutto nei cloni del suo hard disk, il cui esame è già cominciato nei laboratori della polizia postale e nello studio del perito nominato dai difensori del barese.
Per gli inquirenti, invece, ci sarebbero il quarto uomo e Amanda quando comincia l'incubo per Meredith. Minacciata, coltello alla gola, la ragazza resiste al tentativo di violenza, forse dice o fa qualcosa che scatena la reazione dei suoi aggressori, prima dell'ultimo, letale affondo della lama. Chi l'ha colpita scappa, e chi era con l'assassino anche, portandosi via i cellulari della ragazza. Mez rimane lì a morire da sola, l'uomo svanisce nel nulla.
Amanda, secondo l'ipotesi della procura, torna a casa di Raffaele in corso Garibaldi. Praticamente un monolocale: se non era presente pure lui con Amanda durante l'aggressione, è difficile che Sollecito possa non essersi accorto della fase dei «lavaggi» che per la procura si è svolta qui.
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