Controcultura

Più vita vera, meno fuffa. La Fase 2 Pop è neorealista

Questa gigantesca crisi cambierà suoni e parole Cancellando un decennio di canzoni vuote

Più vita vera, meno fuffa. La Fase 2 Pop è neorealista

Dopo la pandemia, anche la musica si resetta. Per forza. Non soltanto perché non ci saranno concerti per chissà quanto tempo o perché le nuove uscite sono state quasi tutte cancellate o rinviate a data da destinarsi. Ma soprattutto perché è cambiato il panorama. In poche settimane ciò che ispirava i nuovi brani o, più generalmente, i nuovi artisti/progetti/dischi si è sciolto sotto il calore forsennato e doloroso del Coronavirus. Puf! Il distanziamento sociale è anche l'allontanamento dai temi che fino a ieri, da almeno un decennio, sono stati centrali per la musica leggera. Oggi non si può sapere come saranno i prossimi tour, e se ci saranno. E non c'è neppure una idea precisa su cosa potrà piacere a un pubblico disorientato da migliaia di concertini sui social, ma orfano da mesi di nuove canzoni. Le radio sono in stand by. E lo streaming ha avuto, si dice, un calo drastico.

Nel complesso lo scenario non è mai stato così imprevedibile. Già negli ultimi anni le tendenze, gli artisti, le mode si sono susseguite con una frenesia che era tutto tranne che artistica. La musica pop era diventata una collezione pret a porter obbligata a cambiare stili, suoni, prospettive a ogni stagione. Una sorta di catena di montaggio del successo, ma del successo volatile, quello che si consuma in poche settimane e che pochi ricorderanno. La botta del Coronavirus ha imposto lo stop. E la ripartenza sarà per forza su altri binari.

Quali? Difficile da dire.

Alberto Ferrari dei Verdena ha detto che la prossima musica sarà «un misto di rabbia e felicità». Può essere. Però, se ci pensiamo bene, il pop è sempre stato così. Bisogna vedere adesso come si reinventerà. Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale in Italia la musica leggera era all'anno zero. Nei decenni precedenti, le canzoni popolari erano favorevoli al regime fascista oppure venivano censurate. Dopo il 25 aprile, lentissimamente, sono arrivati anche in Italia gli stili e le canzoni che da tanti anni erano già centrali in altri Paesi, specialmente anglosassoni. Gino Paoli racconta che, da ragazzino a Genova nel 1945, con i soldati alleati ha scambiato tante volte verdura e basilico in cambio di V Disc, i «dischi della vittoria» che i grandi artisti americani, da Frank Sinatra a Ella Fitzgerald, avevano inciso per le truppe inviate a combattere in Europa. Insomma, era swing, era jazz o blues, era quella musica «negroide» che il regime fascista aveva decisamente vietato. In qualche anno quel «germe» fiorì anche nella nostra canzone, che da melodrammatica iniziò a diventare d'autore. Da Nilla Pizzi e Natalino Otto (per carità, grandi artisti) si arrivò ai Cantacronache di Italo Calvino e Sergio Liberovici e poi a Tenco, Lauzi e alla scuola genovese. La canzone era rinata.

E oggi? Rinascerà per forza. Dopo tanti anni di brani perlopiù volatili e privi di respiro sociale, la realtà fornisce uno spunto drammatico e gigantesco per generare nuova musica, nuovo coinvolgimento, nuova passione. Se ci fate caso, già oggi tanti testi ci sembrano così lontani, così irreali, come quelli della trap impegnata a compiacersi di ricchezza fugace o a esaltare carriere lunghe pochi mesi ma presentate come epocali. È probabile che questa metrica sarà la prima a scomparire, se non altro perché è destinata allo stesso pubblico che fa i conti con l'azzeramento delle abitudini e l'aumento delle preoccupazioni. Per capirci, i due Rolex esibiti da Sfera Ebbasta come trofeo di guerra oggi sembrerebbero ancor più ridicoli. Perciò è probabile che un intero repertorio sia già destinato a finire in pensione. Invece rimarrà la grande musica d'autore (Brunori Sas, ma anche Ultimo e Aiello, per esempio), ci saranno fughe nel divertissement stile Pinguini Tattici Nucleari (che sono signori musicisti) ma soprattutto inizierà presto un ribollire di nuovi testi, nuovi temi, sgombri dalla retorica, sganciati dalla celebrazione del lusso e, per fortuna, concentrati sulla vita vera, sofferta, magari piena di sogni. Una sorta di neorealismo del pop che sarà davvero la Fase 2 della nostra canzone d'autore, quella che celebrerà la rinascita dopo la pandemia.

E le rinascite, come si sa, sono il momento più creativo.

Commenti