Il Pil Usa frena nel terzo trimestre per l’aumento del deficit commerciale

da Milano

Frena il Pil statunitense del primo trimestre, ma il dollaro «tiene» e, dopo un’iniziale flessione nei confronti dell’euro, si riposiziona su quota 1,3450.
Il prodotto interno lordo americano del primo trimestre è stato rivisto al ribasso con una crescita che si assesta a +0,6% rispetto al +1,3% della prima lettura, scendendo ai minimi dal 2002. Il calo è considerato soprattutto effetto della crisi del mercato immobiliare, dell’aumento del deficit commerciale e della contrazione delle scorte aziendali.
La frenata non ha tuttavia scosso più di tanto i mercati che hanno già archiviato il basso tasso di crescita dei primi mesi dell’anno come il picco minimo per l’economia Usa e ora guardano ai segnali di ripresa rivelati dai recenti dati su investimenti aziendali e su produzione.
La stessa Federal Reserve ha migliorato le sue previsioni di crescita e dai verbali dell’ultima riunione di politica monetaria dei banchieri centrali americani, pubblicati l’altro ieri, è emerso che la crescita dell’economia procederà a un passo migliore rispetto a quanto non abbiano fatto ipotizzare gli ultimi dati congiunturali. A supportare questo scenario ha contribuito il forte rialzo dell’indice Pmi di Chicago, tradizionale barometro dell’ andamento del comparto manifatturiero statunitense. L’indicatore a maggio è salito a 61,7 da 52,9 precedente, superando largamente la previsione di un rialzo a 54,0.

Gli operatori vedono così più lontana la prospettiva di un taglio dei tassi di interesse e il biglietto verde ha riguadagnato terreno sull’euro a 1,3450 dal minimo di seduta di 1,3477 toccato in coincidenza con la pubblicazione della statistica sul Pil. Anche Wall Street non è stata minimamente turbata dal dato mentre è sembrata soprattutto influenzata dalle voci di fusioni e acquisizioni che hanno incoraggiato gli ordini d’acquisto.

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