Pisapia, atto primo: mandare a casa i precari del Comune?

Lo aveva inserito tra le prime tre cose da fare nell’agenda da neo sindaco, e ha mantenuto. Ieri mattina Giuliano Pisapia è arrivato all’anagrafe centrale di via Larga per incontrare i dipendenti. Non ancora quelli di Palazzo Marino, dove oggi arriverà oggi alle 16 per il passaggio di consegne con Letizia Moratti. E si vedrà se a parte le strette di mano con il personale ha intenzione di tener fede anche all’altra promessa. Il Comune «deve diventare un’organizzazione modello» ha scritto in una nota pochi giorni fa, la macchina «deve tornare a correre consumando meno e razionalizzando le risorse». Stop all’esternalizzazione delle funzioni, punterà «sulla valorizzazione delle risorse interne e contro lo spoil system senza quartiere degli ultimi anni». Se lo sono stampato i 118 precari che, nel limbo tra i due sindaci, ieri hanno cominciato a fare gli scatoloni: fino a ieri hanno lavorato con incarichi diversi tra i vari assessorati, da oggi sono a casa. E si definiscono precari anche dipendenti che hanno contratti a termine legati ai mandati dei sindaci fin dal ’92, rinnovati da Borghini, Formentini, Albertini uno e «bis», Moratti. Ora, chissà. Dei 30 impiegati tra ufficio stampa e sito internet dell’amministrazione, la maggior parte è a Palazzo solo 5 anni fa e qualcuno prova a scherzarci: «Mi farò trovare con la foto di mia figlia sulla maglietta, tengo famiglia».

Salgono a 150 con i 32 dirigenti che hanno contratti prorogati per altri 4 mesi, sarà discrezione del sindaco tenerli anche dopo. Una maggioranza che ha passato cinque anni a criticare la rivoluzione della macchina comunale dai banchi dell’opposizione, ora può passare dalle parole ai fatti.

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