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Pisapia fa il professore e Boeri dà lezioni al Pd: compagni, siamo pochi

È la presa d’atto di un fallimento, quella che si sta registrando a sinistra. E Stefano Boeri, recordman di preferenze e inquietissimo assessore alla Cultura, ne è solo il notaio. Aveva fatto buon viso a cattivo gioco, l’architetto, dopo la brutta sconfitta alle primarie contro l’avvocato rosso, Giuliano Pisapia. Ha raccolto la sua bella messe di preferenze e si è preso qualche (deludente) delega. A 4 mesi di distanza ha lanciato la sua opa ostile contro il «suo» Pd. Ieri, all’assemblea provinciale, l’assessore rottamatore ha tentato di smorzare. Ma non ha potuto non constatare che «eravamo pochi, davvero pochi», e ha ripiegato su un proverbiale «cambio di marcia». E ormai la bomba politica gli era già scoppiata in mano. La sinistra sta esplodendo: in mancanza di un equilibrio politico che dia un po’ di ordine, i democratici (e non) si scontrano che è un piacere (per gli altri). E per giunta in pubblico. Il detonatore, oggi, insieme alla smania di visibilità mediatica di alcuni, è la palese mancanza di una leadership che dia ordine al caos. L’esplosione della maggioranza, e la messa in stato di accusa dei partiti, ha un’ulteriore implicazione: il tentativo sempre più palese di Giuliano Pisapia, di ritagliarsi (con risultati incerti) un ruolo politico nazionale. Il meccanismo è noto: chi governa bene spacca il fronte avverso e conquista consensi nell’elettorato altrui. Chi non ci riesce (e gli ultimi sondaggi lo testimoniano) si arrocca sul sentimento di identità e appartenenza.

Così si spiega la metamorfosi di Pisapia: un politico mite, che aveva fatto del bon ton elettorale un’arma di seduzione di massa, e del garantismo un credenziale importante, si è trasformato in un anti-berlusconiano in servizio permanente effettivo, che non fa passare un giorno senza un intervento sullo scibile politico nazionale.

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