Molte bandiere sono state ritirate dalle finestre. Genova in festa si è rinchiusa in un mesto silenzio. Di attesa e di rabbia perché la serie A appena guadagnata sul campo dalla squadra di Serse Cosmi adesso è a forte rischio. Retrocessione, punti di penalizzazione? In città non si parla daltro. Eppure il terrore aleggia nelle stesse strade in cui ieri sera si è svolta una festa a metà.
La standing ovation, i caroselli, il saluto alla squadra e a Serse Cosmi, comunque presente nonostante lesonero, ci sono stati, ma sottovoce. Bandiere e sciarpe hanno lasciato il posto a lunghi striscioni pro Preziosi, a sprazzi di contestazione per uninchiesta aperta «Perché sul Genoa cè una congiura». Ecco, allora, i cori contro il pm Lari, che ha aperto le indagini per verificare la presunta «frode sportiva», e che è stato preso dassalto anche via telefono dai supporter rossoblù che stanno facendo girare via sms il suo numero di casa. «Non siamo responsabili - spiegano dalla Procura - di quello che accadrà per gli effetti della giustizia sportiva».
Ma in città aleggia unaria un po così anche tra i vertici societari obbligati a moderare entusiasmi e programmazioni. Infatti ieri pomeriggio il presidente della Regione Claudio Burlando ha ricevuto solo alcuni giocatori per salutare con un brindisi la serie A, ma Preziosi ha preferito evitare di recarsi allappuntamento (nessuna comunicazione, nemmeno sul sito ufficiale della società che evita largomento inchiesta). Nessun commento anche da parte del dg Capozucca e solo una frase amara da parte di Cosmi: «Per me questa non è una giornata di festa». E ritorna il solito ritornello genovese del «maniman», magari succede che. Questa volta qualcosa di grosso è successo e la festa si è trasformata in una nuova angoscia. Che il popolo rossoblù non meritava.
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