
Uno spettro si aggira per l’Europa: quello del boicottaggio. Ma a differenza del passato, non è più un gesto sporadico o ideologico: è diventato uno strumento di pressione sociale, politica e persino diplomatica. A confermarlo è il nuovo Behavior Change Report di YouGov, uno studio semestrale che ha coinvolto oltre 15.000 acquirenti in 21 paesi europei. La fotografia che emerge è che i consumatori non sono solo più consapevoli, ma sempre più spesso si comportano come “attivisti silenziosi”. Usando la spesa quotidiana per affermare identità, orientamenti e giudizi geopolitici.
Italiani, consumatori consapevoli e patriottici
Il dato forse più sorprendente riguarda l’Italia: il 64% degli italiani ritiene che le proprie scelte di consumo abbiano un impatto sulla società, ben oltre la media europea del 44%. In un periodo segnato da instabilità politica globale e tensioni economiche, gli italiani si distinguono per un atteggiamento attivo ma costruttivo. Invece di boicottare, preferiscono sostenere: il 50% sceglie prodotti locali, il 46% preferisce marchi nazionali, e il 47% dichiara che nei prossimi sei mesi rafforzerà ulteriormente il proprio sostegno ai produttori locali. Un atteggiamento che ha radici culturali profonde, rafforzato da una diffusa appartenenza territoriale, soprattutto al Sud, dove il 33% degli intervistati si identifica prima di tutto con la propria regione.
L’“effetto campanile” si traduce anche in successi commerciali concreti. Marchi come La Molisana e Rummo hanno visto crescere in modo significativo la loro penetrazione di mercato, rispettivamente dal 40,1% al 44,4% e dal 27,5% al 39,3% in due anni. Lo stesso vale per la birra Raffo, che ha fatto leva sull’identità pugliese per aumentare la propria quota dal 1,8% al 10,2% in soli 12 mesi. Un percorso già intrapreso, con successo, da brand come Ichnusa e Birra Messina. Anche i colossi industriali come Ferrero, Mutti e Giovanni Rana si affidano alla narrazione della “tradizione italiana” per comunicare qualità e affidabilità, sia in patria che all’estero.
Spesa come dichiarazione politica
Ma se in Italia il consumo è più spesso strumento di sostegno, altrove diventa espressione di dissenso. È il caso della Danimarca, dove quasi un cittadino su due (47%) dichiara di evitare i prodotti provenienti da Paesi che disapprova politicamente. Un atteggiamento diffuso che ha avuto effetti tangibili dopo le tensioni tra il governo statunitense e quello danese sulla sovranità della Groenlandia. Il risultato? Un vero e proprio crollo della reputazione dei marchi americani: il brand index è precipitato dal 25% di gennaio al 10% di maggio 2025. In parallelo, i prodotti locali sono cresciuti di oltre il 20%, in un fenomeno che unisce patriottismo, geopolitica e marketing.
In Serbia, invece, la miccia è stata economica: l’associazione per la tutela dei consumatori Efekta ha denunciato aumenti ingiustificati nei prezzi dei supermercati. L’effetto è stato immediato e devastante: -35% di acquirenti nei primi cinque retailer in sole 24 ore e una perdita di 10 punti percentuali di quota di mercato a favore dei piccoli negozi locali. Il boicottaggio, in questo caso, non è stato ideologico ma reattivo, espressione di una popolazione stanca di subire rincari fuori controllo.
La retromarcia del green
La ricerca YouGov rivela una polarizzazione crescente tra i consumatori europei. Da un lato, c’è chi lotta per far quadrare i conti e si rifugia nella private label (62%), cucina in casa, sceglie i discount e rinuncia ai brand premium. Dall’altro lato, chi ha maggiore stabilità economica si mostra più aperto all’innovazione, al benessere e all’acquisto consapevole. In entrambi i casi, il carrello della spesa riflette le priorità del momento: qualità (41%), promozioni (40%), riduzione degli sprechi (38%) e origine dei prodotti.
Anche l’ambiente continua a essere un driver importante, ma subisce il contraccolpo del carovita. Solo una parte degli europei è ancora disposta a pagare di più per la sostenibilità. Sorprende, ad esempio, che i danesi – da sempre in cima alla classifica della coscienza ecologica – figurino ora tra coloro che meno vogliono spendere per il green. Il quadro cambia drasticamente nei paesi con potere d’acquisto ridotto: se in Austria e Germania la spesa alimentare incide per il 14-15% sul bilancio familiare, in Romania tocca il 35%, in Serbia il 41% e in Ucraina addirittura il 44%.
Una nuova geopolitica del consumo
Il boicottaggio, in questa nuova accezione, non è più solo uno strumento di protesta organizzata ma diventa un linguaggio diffuso, “dal basso”, che cittadini e consumatori adottano per esprimere giudizi geopolitici. Il 35% degli europei è disposto a rinunciare a prodotti provenienti da Paesi percepiti come “non allineati” con i propri valori. Ed è un dato che fa riflettere, soprattutto alla luce delle tensioni commerciali tra UE e Stati Uniti. Se domani Washington decidesse di alzare nuovi dazi sui prodotti europei – o viceversa – è lecito aspettarsi una risposta dei consumatori, magari non esplicitamente organizzata, ma comunque potente.
Il carrello della spesa si fa così barometro geopolitico. I brand, soprattutto quelli globali, devono imparare a muoversi in un contesto dove la fedeltà non dipende più solo dal prezzo o dalla qualità, ma anche da dove viene un prodotto e cosa rappresenta. In questo senso, il “Buy Local” diventa non solo una strategia commerciale ma una forma di diplomazia economica.
L’Italia resta un’oasi (per ora)
E in Italia? Come già evidenziato, il boicottaggio non ha ancora preso piede su larga scala. Gli italiani preferiscono votare con il portafoglio in senso positivo: premiano chi è “vicino”, chi racconta una storia di qualità e appartenenza. Questo non significa che siano indifferenti alla geopolitica, anzi. L’attenzione all’origine dei prodotti è tra le più alte in Europa, così come la convinzione che ogni acquisto abbia una valenza etica e sociale. Ma, almeno per ora, questa consapevolezza si traduce in un sostegno ai prodotti made in Italy piuttosto che in una condanna dei marchi esteri.
Come ha dichiarato Marco Pellizzoni, Commercial Director Consumer Panel di YouGov: “In un contesto europeo di diffusa preoccupazione, il consumatore italiano reagisce con scelte consapevoli.
Il carrello della spesa è diventato un indicatore delle tendenze sociali in corso”. Un carrello che, se osservato con attenzione, ci dice molto più di quanto sembri. Non solo cosa mangiamo o quanto spendiamo. Ma chi siamo, cosa temiamo e cosa speriamo.