Il mondo della zootecnia italiana lancia un allarme: il calo degli allevamenti bovini ha raggiunto livelli ormai critici. «Negli ultimi dieci anni hanno chiuso 19.000 stalle, un calo che corrisponde a -23% e addirittura quelle da latte misto sono diminuite del 30%», ha denunciato il presidente di Assocarni, Serafino Cremonini, intervistato dall'agenzia Adnkronos. Un ridimensionamento drastico della base produttiva che, però, non ha comportato un crollo proporzionale dei capi. «Sono diminuiti molto meno per effetto di una concentrazione di allevamenti più grandi. In dieci anni i bovini da carne sono calati del 2,9% e quelli da latte del 4,9%. Abbiamo perso purtroppo gli allevatori di piccole dimensioni», ha sottolineato.
La situazione è resa ancora più delicata da una dipendenza dall'estero che continua a rafforzarsi. «La carne prodotta dagli allevatori italiani soddisfa solo il 37% del consumo nazionale, mentre il restante 63% lo importiamo dall'Europa e dai Paesi extra Ue», ha evidenziato Cremonini, ricordando come i mercati globali stiano cambiando rapidamente. «Negli ultimi dieci anni Paesi emergenti come la Cina hanno aumentato i consumi di carne bovina e hanno scombussolato gli equilibri mondiali, diventando concorrenti dell'Europa. I nostri principali fornitori, soprattutto il Sudamerica, oggi trovano alternative all'export ed è più che mai importante tutelare la nostra filiera».
Da qui l'appello a una strategia europea più solida, soprattutto in vista della prevista riduzione dei contributi Pac. «Dobbiamo fare una battaglia affinché le risorse per l'agricoltura e quindi per gli allevatori siano difese, a fronte del taglio del 22% dal 2028 al 2034», ha specificato. Al contrario, non preoccupa la domanda interna. «La riduzione dei consumi negli ultimi trent'anni è stata del 3-4% e ora si sta stabilizzando. Abbiamo più problemi a produrre che a consumare», ha affermato l'imprenditore, ricordando che «trent'anni fa c'erano 8,2 milioni di bovini, oggi meno di 6 milioni».
In questo scenario Cremonini ha rivendicato l'importanza delle misure varate dal governo con il disegno di legge Coltiva Italia che, secondo Assocarni, rappresenta un punto di svolta. «Per la prima volta sono state stanziate risorse che attenueranno il calo dei contributi comunitari. Devo ringraziare il ministro Francesco Lollobrigida, che ha destinato un miliardo all'agricoltura, di cui 300 milioni alla filiera zootecnica e, in particolare, alla linea vacca-vitello per premiare la nascita dei bovini». Una scelta strategica anche per ridurre la dipendenza dalla Francia, da cui l'Italia importa l'85% dei vitelli destinati all'ingrasso.
Il presidente dell'associazione ha affrontato anche il tema delle denominazioni dei prodotti vegetali, dopo il voto del Parlamento Ue che ha vietato l'uso di nomi come «hamburger vegano» o «salsiccia di soia». Una decisione positiva. «L'hamburger è di carne, non di soia o altri prodotti vegani. È importante per evitare di trarre in inganno i consumatori», ha puntualizzato. Allo stesso modo, Cremonini è scettico sulla carne coltivata. «Finché non ci sono studi su come viene processata è giusto fermarsi. Gli allevamenti esistono da migliaia di anni e sostituirli con prodotti derivati da processi industriali per me è assurdo», ha dichiarato aggiungendo che la carne da laboratorio avrebbe «costi energetici e consumi d'acqua sicuramente maggiori rispetto alla carne bovina».
Più rassicurante, invece, la valutazione sull'accordo Ue-Mercosur. «Il mercato europeo non sarà sconvolto.
Le 99mila tonnellate di carne a dazio agevolato, che scenderà dal 20% al 7,5%, non cambieranno gli equilibri: il consumo europeo è di 6,8 milioni di tonnellate», ha commentato precisando che l'intesa «serve anche a favorire le esportazioni dei nostri prodotti agricoli».