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L'eccesso dello Stato

Insistere sul capitalismo di Stato è un modello che non può non far storcere il naso a chi sostiene il valore della libertà di mercato

L'eccesso dello Stato
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Non è mai banale registrare i mutamenti del capitalismo italiano. Si comprendono cose interessanti che invitano a non perdere di vista la natura del sistema produttivo. Aiuta tale esercizio l'ultimo studio di Mediobanca focalizzato sulle principali Società per l'anno 2024. Si evince che il traino è nelle mani di Eni e Enel e nel ranking vi sono un buon numero di multinazionali. Ma la notizia non è questa. Semmai la ricerca evidenzia, a proposito di mutamenti nel capitalismo italiano, la debolezza strutturale delle grandi imprese private. Nelle prime venti posizioni sono appena cinque. Il che conferma una debolezza che negli anni si è vieppiù manifestata. Dominano gli energetici e le partecipate pubbliche. Dunque, il capitalismo privato italiano viaggia a scartamento ridotto. E al di là del giudizio di merito, la qual cosa non è un segnale che può far gioire. La crepa è vistosa ed è destinata ad allargarsi. Semmai la ricerca ci dice che in Italia permane in posizione dominante una formula di capitalismo che contiene in pancia molto Stato. E questa situazione, in termini generali, mostra un quadro con diffuse zone d'ombra. Che lo Stato sia cinghia di trasmissione di poche realtà ritenute strategiche è quasi un'ovvietà. Il problema è la vastità di industrie partecipate dallo Stato e questo rappresenta un problema anche in termini di contaminazione con una politica piuttosto invasiva.

Insistere sul capitalismo di Stato è un modello che non può non far storcere il naso a chi sostiene il valore della libertà di mercato.

Lasciamo che al capitalismo di Stato si aggrappino autocrazie o dittature. Invece i nostri decisori pubblici promuovano piani industriali ambiziosi e di lungo respiro. Tenendo presente che sono le pmi il cuore del sistema produttivo italiano.

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