Politica estera

È il giorno del Super Tuesday: cosa si decide è perché è importante per Trump e Biden

Al voto per le primarie ben 16 Stati che, presumibilmente, ratificheranno ciò che già sappiamo: tuttavia, la gara elettorale sarà utile per capire i mutamenti eventuali dell'elettorato, per azzardare alcune previsioni per novembre

È il giorno del Super Tuesday: cosa si decide è perché è importante per Trump e Biden

Ore febbrili negli Stati Uniti, ove la corsa a ostacoli delle primarie giunge a uno dei scogli di rito più importanti. Oggi è scattata l'ora X del Super Tuesday che, in un certo qual modo chiuderà la partita per le nomination alle elezioni di novembre.

Che cos'è il Super Tuesday

Sebbene la corsa per le primarie non si ferma, il "super martedì" viene da sempre indicato come data chiave della competizione, portando al voto ben 16 stati: Alabama, Alaska, Arkansas, California, Colorado, Maine, Massachusetts, Minnesota, North Carolina, Oklahoma, Tennessee, Texas, Utah, Vermont e Virginia. La 16esima tornata elettorale sarà solo dei democratici nei territori americani di Samoa, dove i caucus repubblicani si svolgeranno invece venerdì. Inoltre domani verranno resi noti i risultati dei caucus democratici in Iowa.

C'è da chiedersi, in questo strambo anno elettorale, quale sorpresa possa riservare questa corsa di gruppo: sostanzialmente nessuna, dal momento che Joe Biden ormai corre da solo nel partito, e Donald Trump ha ormai asfaltato da tempo l'unica avversaria Nikki Haley (nonostante il suo piccolo successo a DC), che comunque continua a rimanere tenacemente in campo. Una situazione ben diversa dal 2016, quando al Super Tuesday, Trump prese il controllo delle primarie, vincendo in 11 stati, anche se fu sconfitto nello stato con il maggior numero di delegati, il Texas. Anche per Biden, nel 2020, il Super Tuesday fu un punto di svolta, aggiudicandosi 10 stati su 14.

Come funziona

In passato, la tornata del Super Tuesday, poteva sbilanciare le sorti della competizione, tuttavia, questo 2024 non potrà di certo stupire gli elettori. Come il resto del calendario delle primarie, serve ai candidati a "raccogliere" superdelegati in vista delle convention di partito che, in estate, incoroneranno definitivamente i due candidati alla Casa Bianca. Nel dettaglio, il super martedì decide il 30% dei delegati dem e il 36% di quelli del Gop. Per quanto riguarda il loro numero specifico, né Trump né Biden potranno raggiungere domani il numero magico - 1215 su 2429 per i repubblicani, 1968 su 3934 per i democratici - che assicura la nomination, ma potranno avvicinarvisi, per raggiungerlo, si stima, a fine marzo. Il carrozzone delle primarie andrà avanti fino a giugno fino alle convention: quella repubblicana che si aprirà il 15 luglio a Milwaukee e poi quella democratica il 19 agosto a Chicago.

Sebbene si tratti di una consuetudine, la fama del "super martedì" è relativamente recente, divenendo ufficiale nel 1988, quando gli stati meridionali decisero di unirsi in un blocco elettorale unico, per contrastare la cosiddetta "sindrome dell'Iowa": il piccolo stato del Midwest, infatti, essendo il primo a votare, era da sempre sovraesposto, rischiando di influenzare il voto degli altri Stati. Il 2024 propone un nuovo modello di Super Tuesday, che ha plasmato due meccanismi differenti per i due partiti. Per i dem, in tutti gli Stati e in tutto il territorio degli Usa, il numero dei delegati ottenuti è proporzionale al numero di voti ricevuto. Il Gop ha invece optato per il modello winner-take-all: il candidato con il maggior numero numero di preferenze prende tutti i delegati dello Stato. Questo modello si applicherà per tutte le primarie e caucus dal 15 marzo in poi; per tutte le primarie precedenti la data, incluso il super martedì, vigerà il sistema proporzionale.

Perché è importante

Il Super Tuesday, come già detto, non è la giornata decisiva delle primarie, ma è tuttavia una cartina di tornasole fondamentale. Innanzitutto perchè gli Stati non pesano tutti allo stesso modo, non eleggendo lo stesso numero di delegati. Ad esempio, vincere in Texas avrà un valore nettamente più importante visto che lo Stato sceglie 155 delegati repubblicani e 241 delegati democratici. Ma non solo, ogni stato porta con sè delle tematiche e delle urgenze differenti, dando un'indicazione su cosa interesserà o meno gli elettorali a novembre. Ancora il Texas, ad esempio, è l'espressione paradigmatica di come uno stato fagociti di gran lunga i dibattiti nazionali sulla lotta all'immigrazione clandestina, trasformandosi in un enorme banco di prova per i candidati di entrambi gli schieramenti.

Quest'anno, in cui non mancano i colpi di scena legati alle beghe legali di Trump, anche la Corte Suprema sta avendo un ruolo fondamentale nel modificare l'andamento del super martedì e delle primarie, in generale. A 24 ore dal voto, infatti, i supremi giudici hanno rilasciato la sentenza che permette a Trump di rientrare da candidato anche alle primarie nel Colorado, dove fra poche ore si voterà. La Corte Suprema del "Mountain State" aveva escluso l'ex presidente lo scorso 19 dicembre basando la sua sentenza sulla sezione 3 del 14° emendamento della Costituzione, che vieta a coloro che in precedenza hanno ricoperto incarichi pubblici ma in seguito si sono impegnati o hanno favorito un'insurrezione, di assumere incarichi federali.

Che segnali possono arrivare per Biden

Altri umori quelli al quartier generale dei dem e alla Casa Bianca. A differenza di Trump, già festante sui suoi social, il Presidente Biden attende con una certa apprensione l'esito di stati fondamentali come California e Texas. Infatti il cosiddetto voto "uncommited" esploso in Michigan la settimana scorsa (che ha raggiunto quota 14%), potrebbe ingenerare un pericoloso effetto domino, soprattutto negli stati sedi di grandi campus universitari, ove si annidano le rimostranze verso la Casa Bianca, che ha finora impedito con il veto alle Nazioni Unite di imporre un cessate il fuoco a Gaza. Non è un caso che la vicepresidente Kamala Harris sia intervenuta a gamba tesa sull'argomento con una vigorosa reprimenda a Israele per aver ostacolato il flusso degli aiuti umanitari per i civili palestinesi. Le scorse elezioni di metà mandato, così come la vitoria di Biden quattro anni fa, hanno mostrato che senza il supporto degli under trenta e della generazione Z, Biden sarebbe spacciato nella sfida con Trump, così come contro qualsiasi altro sfidante. Inoltre, la storia ha insegnato agli Stati Uniti che numerosi sommovimenti generazionali partono proprio dai campus: ergo, meglio non inimicarsi l'elettorato giovane.

Che segnali possono arrivare per Trump

Il conto alla rovescia per il 5 novembre intanto va avanti e la giornata di domani si preannuncia trionfante per Trump, favorito in tutti gli stati e che potrebbe, martedì notte, far gettare la spugna all'ex sua ambasciatrice Haley in caso di profonda sconfitta, ovvero se i suoi risultati scendessero sotto il 20%.

Gli analisti sostengono che Trump riuscirà a raggiungere il numero magico il 19 marzo, giorno in cui si voterà in Arizona, Florida (solo per i repubblicani), Illinois, Kansas e Ohio. Dal campo dell'ex presidente si afferma il traguardo potrebbe essere raggiunto già 12 marzo, quando si voterà in Georgia, Hawaii (solo caucus repubblicani), Mississippi e stato di Washington. Secondo lo stratega repubblicano Scott Reed, "il prossimo futuro della corsa sarà incentrato su come Trump tratterà Haley e i suoi sostenitori", che la repubblicana ha raccolto soprattutto tra moderati e indipendenti, sottolineando che se vuole "riunire il partito, deve trattare Haley con rispetto". In tutto domani sono in palio oltre un terzo del totale dei delegati, 874 di cui 169 solo in California che da quest'anno assegnerà tutti i delegati al vincitore se supera il 50%, abbandonando il sistema proporzionale. Molti altri degli stati in cui si vota domani, seguendo il sistema winner-take- all, tenderanno a favorire Trump, il cui obiettivo è chiudere in fretta il capitolo primarie, per dedicarsi esclusivamente alla campagna per novembre.

Ora il vero obiettivo è battere Biden, spostando la battaglia interamente sull'intero territorio nazionale.

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