
L’8 settembre il primo ministro francese François Bayrou si presenterà davanti all’Assemblea nazionale per chiedere la fiducia sul suo governo. In quell’occasione, i parlamentari saranno chiamati – secondo le parole dello stesso Bayrou – a scegliere “tra caos e responsabilità”, in un “momento di chiarimento e di verità”.
Il premier ha sottolineato che nei prossimi giorni i cittadini influenzeranno i propri rappresentanti, spingendoli a decidere se sostenere o meno l’azione dell’esecutivo. A scatenare le contestazioni è stato il piano di risanamento presentato il mese scorso: 44 miliardi di euro di tagli alla spesa pubblica, inclusa l’abolizione di due festività nazionali, per ridurre entro il 2026 il deficit, che nel 2024 ha raggiunto il 5,8% del Pil, ben oltre il limite europeo del 3%. Intanto, lo spread tra Btp e Oat decennali francesi chiude a 5,8 punti, il livello più basso di sempre. In calo di 1,1 punti a quasi il 3,5% il rendimento annuo francese, contro il ribasso di 3,8 punti e poco più del 3,55% di quello italiano.
Bayrou ha inoltre dichiarato di voler chiedere “uno sforzo specifico” ai redditi più alti e di essere pronto a rivedere o eliminare le agevolazioni fiscali considerate ingiuste o inutili. Ha rivolto un appello in particolare al Rassemblement National (RN) e a La France Insoumise (LFI), invitandoli a superare “reazioni impulsive” in vista del voto. Entrambi i partiti, insieme a ecologisti e socialisti, hanno però già annunciato il loro voto contrario.
La sfida in Assemblea nazionale appare quindi ardua: l’opposizione di estrema destra e di sinistra controlla oltre 320 seggi, mentre i centristi e i conservatori alleati si fermano a 210. Se la fiducia sarà respinta, Bayrou e il suo governo dovranno dimettersi. In tal caso, il presidente Emmanuel Macron – deciso a restare in carica fino al 2027 – si troverebbe costretto a nominare un nuovo primo ministro, il terzo in meno di un anno, con il rischio di accentuare lo stallo politico.
Jean-Luc Mélenchon, leader di La France Insoumise (LFI), ha annunciato che il prossimo 23 settembre il suo partito presenterà una nuova mozione di destituzione contro il presidente Macron. Intervistato da France Inter, Mélenchon ha spiegato che, oltre alla mozione di censura già prevista – e che, a suo avviso, sarà superata dal probabile crollo del governo entro quella data – LFI porterà avanti anche l’iniziativa per la rimozione del capo dello Stato. Secondo Mélenchon, Macron deve lasciare l’incarico perché sarebbe la causa della crisi politica ed economica che attraversa la Francia. Pur criticando l’operato del presidente, Mélenchon ha riconosciuto come “dignitosa” la scelta di Bayrou di sottoporre l’esecutivo al giudizio del Parlamento, chiarendo però che il vero nodo non riguarda il premier: “Bayrou non è responsabile della situazione attuale. Lo sono i suoi predecessori con le loro cattive politiche economiche e, soprattutto, il signor Macron. Se c’è un responsabile, è il presidente della Repubblica”.
Non si esclude neppure lo scenario dello scioglimento dell’Assemblea: sia Bayrou sia il ministro della Giustizia Gérald Darmanin hanno evocato questa possibilità, pur senza
confermarla come scelta imminente. Alcuni leader, tra cui Marine Le Pen, spingono anzi per nuove elezioni legislative che potrebbero ridisegnare i rapporti di forza in vista delle presidenziali del 2027.