Cinque anni a Sarkozy. Va in prigione

Affari con Gheddafi: "Sono innocente ma starò in cella". Carlà stizzita con i media

Cinque anni a Sarkozy. Va in prigione
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Non c'è una stanza Vip già pronta nella prigione parigina della Santé, ma c'è uno spazio dedicato ai detenuti in condizione di vulnerabilità. Per chi corre rischi, come i condannati per violenze sessuali. Ed è proprio lì, in circa 9 metri quadrati, che potrebbe finire Nicolas Sarkozy. In regime di isolamento, non punitivo ma come forma di protezione. Contatti solo con sorveglianti e non con altri detenuti. L'ex presidente della Repubblica francese, infatti, andrà probabilmente in prigione: da presunto innocente. Questo ha deciso ieri il tribunale di Parigi dopo averlo dichiarato colpevole in primo grado di associazione a delinquere tra il 2005 e il 2007, disponendo anche la cosiddetta esecuzione provvisoria della pena: 5 anni di carcere, e condanna applicata (quasi) immediatamente. Stesso trattamento riservato a Marine Le Pen nel sentenziare la sua fulminea ineleggibilità lo scorso marzo.

In attesa del ricorso, Sarkò sarà convocato il 13 ottobre dai giudici per conoscere la data effettiva della detenzione in ragione dell'immediata esecuzione della pena; scelta limite, prevista dalla legge, che si ripete due volte in sei mesi. Per due leader della destra. Inevitabile che l'accusa di politicizzazione di parte della magistratura non rientrasse nelle prime parole di Sarkò (e dei lepenisti), in un Paese dove meno di un francese su due ha fiducia nella giustizia. Nel 2008, erano due su tre. «Se vogliono che io dorma in prigione, dormirò in prigione, ma a testa alta. Sono vittima dell'ingiustizia. L'odio non ha limite. È uno scandalo. Quel che è successo oggi è di una gravità estrema per lo Stato di diritto. Mi batterò fino all'ultimo respiro per dimostrare la mia completa innocenza». Così l'ex capo dello Stato dopo la condanna vissuta con la moglie Carla Bruni, che stizzita sfila la cuffietta del microfono con il logo di Mediapart, facendolo cadere a terra e lasciando subito dopo il tribunale.

Sarkò ha già depositato la richiesta di appello. E pur se rischia che tornino a galla le accuse di ricettazione di fondi pubblici e corruzione passiva, stralciate dall'affaire per cui è stato condannato ieri sui presunti finanziamenti del clan Gheddafi alla campagna per l'Eliseo del 2007, l'ex capo dello Stato non indietreggia. Anche perché la sentenza è un ulteriore stress test per la Francia già ammaccata da crisi economica e istituzionale, con un sistema politico che vacilla e un presidente delegittimato dalle piazze; di cui Sarkozy è stato peraltro il principale consigliere ombra. Macron per ora resta spettatore di una decisione storica; in cui giustizia e politica si intrecciano come mai prima. Non ci sono precedenti nella V Repubblica: per un ex capo di Stato in carcere bisogna riavvolgere il nastro a Pétain o Luigi XVI.

Macron può graziare, Sarkò? La domanda circola già. Potrebbe, ma solo davanti a una decisione definitiva del tribunale. Resta l'alert: un presunto innocente può andare in prigione? Dal caso esploso nel 2011, quando l'allora leader libico parlò di milioni per la campagna di Sarkò, è emerso poco più di un teorema. Prove zero. Il dittatore fu ucciso quello stesso anno dai ribelli, con il decisivo appoggio militare occidentale su spinta di Parigi. Il sito di inchiesta Mediapart nel 2012 evocò un accordo da 50 milioni. Documento inattendibile per le stesse toghe. Esaminati i viaggi in Libia di stretti collaboratori del neogollista fra il 2005 e il 2007. Sarkò si è difeso dicendo che non ne sapesse nulla, tanto meno li avrebbe orchestrati mandando a caccia di fondi due fedelissimi, poi diventati segretario generale dell'Eliseo e ministro dell'Interno. È stata considerata associazione a delinquere.

L'ex presidente dal 2007 al 2012 ha oggi 70 anni: in ragione dei quali gli è stato concesso il braccialetto elettronico dopo la condanna in Cassazione del dicembre scorso a 3 anni di carcere (uno senza condizionale) per l'altro affaire delle intercettazioni. Stavolta, dice, «dovrò comparire ammanettato davanti alla Corte di appello, pensano di umiliarmi ma hanno umiliato la Francia».

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