Contro i vecchi l'unico razzismo che non indigna

Biden via per le sue idee, non per la sua età

Contro i vecchi l'unico razzismo che non indigna

La forma di razzismo che non trova alcun freno, praticata com'è a destra e sinistra, è quella contro i vecchi e le vecchie. Ha persino un nome scientifico: ageismo o ageofobia. Ma il fatto che ben pochi l'abbiano sentita nominare, e non sia citata in leggi a difesa delle minoranze come l'islamofobia o l'omofobia, induce a ritenere sia una sindrome innocua e persino spiritosa. Ama essere praticata dalla gioventù ma soprattutto dagli imbecilli, a cui dico: tranquilli, anche voi prima o poi finirete sotto la sua scimitarra. Ageofobia: una parola gentile, derivata dall'aggettivo francese «agé», da cui «femme agée», che educatamente si appioppa a una signora definendola «in età», senza specificare quale, ma si è già capito.

In questa specie di razzismo non c'è una parola tabù messa al bando, tipo frocio per gli omosessuali o negro per gli africani, non si punisce l'uso della parola «vecchio», ci mancherebbe, ci si limita a ritenere il lemma poco fine. Si reputa perciò buona costumanza addolcire il concetto deviando su «anziano», di solito si preferisce però evitare l'osservazione sull'età, e passare direttamente all'epiteto «rimbambito» se mai una espressione esca tremula dal labbro dell'interlocutore. O aggiungendo l'attributo di «senile» inducendo Italo Svevo a ribaltarsi nella tomba - a qualsiasi parere meno conformista, per affondare il tizio dotato di quella che un tempo si sarebbe definita «venerabile canizie», senza affrontarne le argomentazioni. Lo si è visto dal modo con cui è stato trattato Joe Biden, soprattutto dagli amici. E se si tratta così uno degli uomini più potenti del mondo, figuriamoci i poveri cristi. Il pretesto è stata la disastrosa prestazione del presidente in carica nel confronto con Donald Trump. Come se anche il giovane Maradona non avesse

mai sbagliato un rigore. Intendiamoci. Joe non è mai stato un fuoriclasse, neppure nel campo dei pensieri sbagliati. Ma nessuno ha avuto niente da dire sulle sue tesi. Che importava? Ha 81 anni, e questa è stata la sua colpa: sei stato lento e aggrovigliato nel definire il tuo programma, dunque sei un morto vivente. Non uno che si sia chiesto se per caso non fosse proprio il sottofondo ideologico da progressista a essere demenziale, e non la sua età. Sono le idee di Biden a essermi insopportabili da quando, vice di Barak Obama, appoggiava le primavere arabe e le rivolte contro Gheddafi rovinando l'Italia. Esse restano tali e quali anche ora che è ottuagenario: diritto all'aborto ed esportazioni delle guerre. Invece tutto questo, a sinistra e a destra, è apparso trascurabile. Si è fatto largo in maniera sfacciata il razzismo contro l'età. Percepisco l'obiezione diretta contro di me: conflitto d'interessi, avendo pure il sottoscritto 81 anni. Giusto: so di che parlo. In fondo anche Martin Luther King quando difendeva i negri americani (in quegli anni si poteva dire negro) e i loro diritti civili, era in conflitto di interessi, ma non per questo meritava la pena di morte. Invece la morte civile è stata assegnata a Biden da tutto il mondo progressista americano, usando la pressione terroristica del ricatto morale, intimandogli di ritirarsi alla Baggina che nello stile americano è il golf in Florida e la pesca al salmone nel Vermont. Il pregiudizio geriatrico si è preteso valesse di più delle sacre regole della democrazia, per cui al diavolo i risultati delle primarie dove Biden ha prevalso con maggioranza ciclopica. Conta di più un balbettio. Un precedente da tirannide incombente.

Si è schierato un plotone di esecuzione anche in Italia, e sia negli Usa sia qui, si è arrivati a pretendere il sigillo della scienza medica per ammainare il proprio candidato progressista. Un esempio nostrano. Interrogato dal Corriere della Sera

su Biden per strappargli una diagnosi definitiva di inabilità, il professor Marco Trabucchi, luminare di psicogeriatria, si è ribellato al ruolo che capiva essergli assegnato, avrebbe dovuto certificare come gli scienziati fascisti autori del manifesto della razza, avrebbe dovuto, con le dovute maniere, sancire l'inferiorità dei vecchi, con il connesso loro dovere di autoemarginarsi per non lasciare tale incombenza alla società. Avrebbe insomma dovuto, osservando le movenze di Biden, autorizzare quella forma di razzismo che non suscita alcuna protesta ormai neppure nei vecchi. Abituati anzi a essere trattati da coglioni dal martellamento continuo di parenti e amici benevolenti, che ti parlano lentamente e scandendo le parole, finisci per crederci di esserlo, un coglione. Non trascrivo tutta l'intervista del professor Trabucchi, che pure meriterebbe, ma ne cavo le frasi forti. «Invecchiare non è una malattia». Contro Biden si è scatenato «l'atteggiamento ageistico nato in ambiente sanitario che si sta riflettendo anche sulle elezioni negli Stati Uniti, per cui: I vecchi sono malati, i vecchi sono dementi, i vecchi non meritano la nostra attenzione. Cioè, un atteggiamento negativo verso qualsiasi espressione dell'invecchiamento, con la conseguente scelta di non investire denaro per aiutare gli anziani, di ridurre l'assistenza, eccetera».

In quell'eccetera c'è

un mondo. Un mondo di razzismo. Detesto le prediche, soprattutto le mie. Siccome è domenica mi limito a un versetto della Bibbia: «Alzati davanti al capo canuto, onora la persona del vecchio» (Levitico 19,32). Figuriamoci.

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