Politica estera

Usa in pressing: la missione impossibile del generale dei pasdaran

Il comandante delle forze Quds Esmail Qaani gestisce i legami con i miliziani filoiraniani in Medio Oriente ed è impegnato in una missione quasi impossibile: impedire un conflitto diretto

Esmail Qaani.
Esmail Qaani.

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Gli Stati Uniti si preparano a lanciare nuovi attacchi dopo quelli che lo scorso fine settimana hanno colpito le milizie sciite filoiraniane in Iraq, Siria e Yemen. I raid americani sono stati autorizzati a seguito delle decine di attentati eseguiti dai proxy manovrati dal regime degli ayatollah e dopo la morte di tre soldati Usa in Giordania. In queste ore sullo sfondo della nuova escalation aleggia la possibilità dello scoppio di un conflitto diretto tra Washington e Teheran, ma c’è forse un uomo che potrebbe avere le chiavi per disinnescare questa spaventosa crisi.

Si tratta di Esmail Qaani, il generale al comando delle forze Quds, l'unità di élite dei Guardiani della rivoluzione, che negli scorsi anni ha agito nell’ombra per rafforzare i legami tra la Repubblica islamica e i gruppi dell’Asse della resistenza protagonisti, dopo la strage di Hamas del 7 ottobre, dell’ondata di attacchi contro Israele e l’America in Medio Oriente. Adesso, come riferisce il Wall Street Journal, proprio su questa figura tanto potente quanto misteriosa starebbe aumentando la pressione al fine di evitare una guerra dalle conseguenze incalcolabili tra i due nemici storici.

Sono pochi i dettagli disponibili su Qaani. Si sa che non ha avuto un ruolo fondamentale nella Rivoluzione islamica del 1979 ma successivamente ha comunque curato gli interessi del suo Paese in Afghanistan. Nel 2020 ha preso il posto del più celebre generale Qassem Soleimani ucciso in un raid di Washington all’aeroporto di Baghdad. Soleimani aveva gestito per primo i rapporti con le varie milizie arabe nella regione e il suo assassinio era stato architettato dall’amministrazione Trump per porre a freno le incontenibili ambizioni iraniane. Secondo alcuni commentatori il piano della Casa Bianca è però riuscito solo in parte nel suo intento facendo diminuire il controllo di Teheran sui suoi proxy e rendendo tali movimenti più autonomi.

Il segretario di Stato Usa Antony Blinken ha affermato che quello attuale è il momento più pericoloso dal 1973. Devono esserne consapevoli anche a Teheran. Le fonti consultate dal quotidiano economico hanno confermato infatti che dall’inizio della crisi mediorientale il comandante delle Forze Quds ha compiuto numerose visite alle milizie per convincerle a non compiere azioni troppo audaci. Qaani avrebbe recepito l’invito indiretto degli americani a fare marcia indietro e avrebbe dunque dato vita ad una vera e propria “shuttle diplomacy” per evitare il deflagrare di una guerra regionale.

Nel trattare con le milizie il generale ha però un punto debole. Non può contare sulla fama e sul carisma di cui godeva il suo predecessore. Soleimani nel corso degli anni aveva costruito relazioni salde con i proxy e aveva guadagnato il loro rispetto. In questo campo invece Qaani starebbe incontrando molte più difficoltà, specialmente con i gruppi iracheni e con gli Houthi che stanno mandando in tilt il traffico commerciale nel Mar Rosso.

Ora che l’Iran ha quindi trasmesso il messaggio ai suoi alleati non si potrà far altro che aspettare per capire davvero qual è l’effettiva influenza del regime degli ayatollah sull’Asse della resistenza.

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