
Arrivano i rinforzi per potere recuperare i corpi degli ultimi 18 ostaggi israeliani morti a Gaza durante la prigionia di Hamas e non ancora tornati in patria. Il diciannovesimo infatti è stato consegnato ieri sera alla Croce rossa. E arriva anche l'inviato Usa Steve Witkoff, che secondo indiscrezioni tornerà domenica in Israele ed Egitto per seguire l'attuazione del piano di pace e fare pressing su Hamas per il ritorno dei cadaveri. Potrebbe anche recarsi a Gaza.
Il Gabinetto israeliano, che proprio domenica voterà per ribattezzare il conflitto come «Guerra di rinascita» invece che operazione «Spade di Ferro», intende cominciare a discutere della fase due dell'accordo solamente dopo il rientro delle salme, nonostante Hamas prema perché si proceda sui restanti punti dell'intesa. Per questo una task force egiziana è già entrata nella Striscia, e secondo Channel 13 anche qatarioti e turchi sarebbero sul posto. Il ministero degli Esteri di Ankara ha fatto sapere tuttavia che, fino al pomeriggio di ieri, i suoi 81 tecnici
dell'organizzazione per i disastri e le emergenze (Afad) si trovavano ancora sul lato egiziano del confine, in attesa del via libera di Israele, restio alla collaborazione turca.
Hamas ha dichiarato di voler assolvere all'impegno di restituire i corpi, ma di aver bisogno di tempo e mezzi per raggiungerli. Israele dubita della versione del gruppo terroristico, è convinto che Hamas menta e sappia individuare e restituire oltre una decina di ostaggi, come ha ammesso a Channel 12 una fonte, secondo cui c'è un «numero a doppia cifra» di rapiti defunti che potrebbe tornare in patria, se solo il gruppo palestinese lo volesse.
La questione del ritorno delle salme continua a essere strettamente correlata anche all'ingresso degli aiuti umanitari a Gaza e alla riapertura del valico di Rafah. Mentre Hamas chiede che il flusso aumenti e il passaggio torni operativo in entrambe le direzioni, il gruppo israeliano di estrema destra Tzav 9 afferma che ricomincerà a bloccare l'ingresso di aiuti finché Hamas non consegnerà tutti i corpi.
Nella Striscia, intanto, per evitare confusione e vittime, Israele ha annunciato di aver collocato chiari segnali di demarcazione lungo la «linea gialla», che segna la prima fase del ritiro dell'esercito israeliano. Si tratta di un modo per indicare in quale punto del territorio le Forze di Difesa israeliane (Idf) sono arretrate,
come previsto dall'intesa di pace. E si tratta anche di un monito per «i terroristi di Hamas e gli abitanti di Gaza» perché - come ha spiegato il ministro della Difesa Israel Katz - «a ogni violazione o tentativo di superare la linea si risponderà con il fuoco», - come previsto dall'intesa di pace, sul modello della linea blu fissata in Libano per arginare gli integralisti islamici armati di Hezbollah. Quanto al disarmo di Hamas, che continua a nicchiare sul tema, Benjamin Netanyahu ha dichiarato che il gruppo «sarà disarmato, senza se e senza ma».
Nonostante le difficoltà, Donald Trump, che giovedì notte ha parlato con Netanyahu, resta ottimista sulle prospettive di pace nella regione.
Il presidente americano si è detto fiducioso sull'estensione degli Accordi di Abramo che hanno normalizzato le relazioni diplomatiche tra Israele e alcuni stati arabi e islamici. «Spero di vedere l'Arabia Saudita entrare e penso che quando Riad entrerà, entreranno tutti», è la previsione del leader Usa dopo le «ottime conversazioni» avvenute mercoledì con alcuni dei protagonisti.