Nuovi guai per Hunter Biden: spunta il testimone che potrebbe inchiodarlo

Il figlio del presidente Usa, secondo il whistleblower che verrà ascoltato dal Congresso, avrebbe goduto di un trattamento di favore. Il secondogenito di Joe Biden è sotto indagine per presunte violazioni fiscali

Nuovi guai per Hunter Biden: spunta il testimone che potrebbe inchiodarlo

Svolta nel caso di Hunter Biden, il figlio del presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, sotto indagine per presunte violazioni fiscali e falsa dichiarazione in relazione all’acquisto di un’arma da fuoco in un momento in cui gli sarebbe stato proibito farlo a causa a causa della sua – ampiamente nota – tossicodipendenza passata. Un whistleblower (informatore) dell'Irs, l'agenzia governativa deputata alla riscossione dei tributi, secondo quanto riportato dai media americani avrebbe riferito al dipartimento di Giustizia che i pubblici ministeri federali nominati dall'attuale inquilino della Casa Bianca si sarebbero impegnati in un "trattamento preferenziale" per bloccare le accuse fiscali penali contro Hunter Biden. Un'accusa durissima, che avrebbe anche importanti implicazioni sul piano politico per Biden, da tempo accusato dai repubblicani di aver favorito gli affari del figlio quando era vicepresidente.

L'informatore pronto a testimoniare contro il figlio del presidente Usa

Nella lettera inviata al Congresso tramite il suo avvocato Mark Lytle, l'agente del fisco spiega di aver "supervisionato l'inchiesta in corso di una figura di spicco e controversa dall'inizio del 2020" e di chiedere dunque la protezione garantita dalla legge americana ai whisteblower, i funzionari pubblici che vogliono denunciare presunte irregolarità, onde evitare ritorsioni. La lettera non afferma che le rivelazioni dell'informatore siano correlate a Hunter Biden: tuttavia, i media confermano confermano che le accuse dell'agente coinvolgono l'indagine sul figlio del presidente Usa guidata dal procuratore degli Stati Uniti del Delaware, David Weiss.

Hunter Biden ha riconosciuto dal dicembre 2020 di essere sotto indagine per questioni fiscali e il suo avvocato ha rivelato l'anno scorso di aver pagato fatture per un totale di 2 milioni di dollari, esprimendo piena fiducia che il figlio del presidente degli Stati Uniti venga scagionato da ogni accusa riguardante possibili illeciti fiscali. Il presidente del comitato di supervisione della Camera, James Comer, ha affermato che potrebbe essersi verificata "un'ostruzione alla giustizia". "È profondamente preoccupante che l'amministrazione Biden possa ostacolare la giustizia bloccando le indagini sulle violazioni fiscali di Hunter Biden", ha detto Comer in una dichiarazione.

Quegli incontri alla Casa Bianca con i soci di Hunter Biden

Come spiegato nei giorni scorsi su InsideOver, le nuove rivelazioni pubblicate da Fox News confermano che i soci del figlio di Biden hanno frequentato la Casa Bianca più di 80 volte tra il 2009 e il 2016, smentendo le dichiarazioni dell'inquilino della Casa Bianca circa il suo non coinvolgimento negli affari del figlio. Al di là dell’indagine del Doj, gli affari all'estero di Hunter - in Ucraina e in Cina, ma non solo - rappresentano un punto dolente su cui la maggioranza Gop alla Camera vuole fare luce.

La storia lavorativa del secondogenito del presidente americano è controversa. Prima di approdare in Burisma Holdings nel 2015, società che opera nel mercato ucraino del gas naturale dal 2002, ha lavorato presso il National Democratic Institute (Ned), un’organizzazione che si occupa di promuovere la democrazia finanziata dagli Stati Uniti. Hunter venne così arruolato in una posizione di grande prestigio e ben remunerata in Burisma, nonostante la sua totale mancanza di esperienza nel settore energetico e negli affari interni ucraini.

Nel maggio del 2016, Joe Biden in qualità di uomo di punta designato da Barack Obama per l’Ucraina, volò a Kiev per informare Petro Poroshenko – all’epoca presidente del Paese – che la garanzia di un prestito ammontante a ben un miliardo di dollari americani era stata approvata per permettere a Kiev di fronteggiare i debiti. Era un aiuto "condizionato".

Se Poroshenko non avesse licenziato il procuratore capo nello stretto giro di sei ore, Biden sarebbe tornato negli Usa e l’Ucraina non avrebbe più avuto alcuna garanzia di prestito. Motivo? Il procuratore stava indagando sugli affari della Burisma Holdings e sulla corruzione all'interno della società di stato.

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