"Vicini al punto di rottura": la sfida dei sindaci dem a Biden sull'immigrazione

I sindaci democratici di New York, Chicago e Denver sono stati travolti dall'arrivo di migranti e si rivolgono a Joe Biden per risolvere un problema che potrebbe affondare la sua presidenza

Richiedenti asilo in coda fuori dal Roosevelt Hotel di Midtown Manhattan di New York
Richiedenti asilo in coda fuori dal Roosevelt Hotel di Midtown Manhattan di New York
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“Tutte le nostre città hanno raggiunto la soglia di capacità. Senza un intervento significativo da parte del governo federale non ce la faremo". A parlare così è il sindaco di Chicago, Brandon Johnson, che questa settimana ha incontrato i suoi omologhi delle città di New York, Eric Adams, e di Denver, Mike Johnston. Le tre metropoli amministrate da esponenti del partito democratico sono travolte dall’arrivo senza precedenti di ondate di immigrati e i loro amministratori si sono rivolti nuovamente a Joe Biden per affrontare un'emergenza che potrebbe assestare il colpo di grazia alla sua campagna per la rielezione.

I clandestini “intercettati” al confine con il Messico tra ottobre 2022 e settembre di quest’anno sono due milioni e mezzo, un dato in crescita rispetto agli anni precedenti e circa 10mila sono gli arrivi giornalieri alla frontiera. 161mila circa sono i migranti che hanno raggiunto New York dalla primavera del 2022, 68mila quelli gestiti direttamente dalle autorità comunali. 31mila sono invece i clandestini trasferiti a Chicago dall’agosto del 2022 e 34mila quelli passati per Denver nel corso dell’anno. La crisi che ha raggiunto le città lontane dalla frontiera meridionale è in buona parte dovuta alla politica adottata dal governatore repubblicano del Texas Greg Abbott che con l’”Operazione Lone Star” ha spedito 80mila migranti in città "blu" definite "santuario", centri urbani cioè favorevoli ad un’accoglienza incondizionata nei confronti degli irregolari. Scopo dichiarato da Abbott è “portare il confine” in casa dei democratici “nazionalizzando” così l’emergenza.

Da pochi giorni Abbott, stanco di vedere il suo Stato “lasciato a badare a sé stesso” ha alzato di livello lo scontro con Washington approvando una legge che scalza l’autorità federale in materia permettendo alla polizia di arrestare gli irregolari e attribuendo ai tribunali locali il potere di espellerli dal Paese. Con tutta probabilità il provvedimento raggiungerà la Corte Suprema che sarà chiamata a decidere se assegnare maggiori poteri ai singoli Stati nel controllo dell’immigrazione.

“Biden continua ad ignorare la crisi storica alla frontiera meridionale causata dalla sua politica della porta aperta” denuncia da tempo il governatore del Gop del Texas ma le sue parole hanno ormai fatto breccia anche tra i simpatizzanti del partito dell’asinello. La Casa Bianca corre ai ripari inviando in Messico il segretario di Stato Antony Blinken mentre Biden studia un ritorno di alcune delle misure adottate dal suo predecessore per contenere l'ondata migratoria alla frontiera meridionale. Tutto ciò però potrebbe non bastare. Un sondaggio del Wall Street Journal mostra come per gli americani l’immigrazione è la seconda priorità subito dopo l’economia. I deprimenti indici di gradimento del presidente rivelano in particolare un suo svantaggio di 30 punti percentuali su Donald Trump sul tema del controllo dei confini.

Il tycoon sull'immigrazione “è stato duro” dichiara al Financial Times Alvin Santleban, un poliziotto di frontiera in pensione, aggiungendo che la precedente amministrazione riusciva a scoraggiare i migranti facendo passare “un messaggio che

funzionava”. La sensazione generale è che i sostenitori di Trump potrebbero decidere di puntare ancora una volta sul miliardario non solo per “fare di nuovo grande l’America” ma anche per "rendere di nuovo il confine sicuro".

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