
Una giuria federale della Virginia ha incriminato l'ex direttore dell'FBI James Comey per due capi d'accusa relativi alla sua testimonianza al Congresso. Comey, da tempo oggetto di critiche da parte del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, è accusato di aver mentito al Congresso durante la sua testimonianza del settembre 2020, in merito alla sua autorizzazione alla fuga di informazioni riservate ai media.
Rispondendo all'atto d'accusa, Comey si è dichiarato innocente e ha affermato di avere "grande fiducia nel sistema giudiziario federale". L'incriminazione arriva pochi giorni dopo che Trump ha chiesto al massimo funzionario delle forze dell'ordine del Paese, il procuratore generale Pam Bondi, di indagare in modo più aggressivo sui suoi avversari politici, tra cui proprio Comey.
Dopo aver fatto pressione sulla sua ministra della Giustizia affinché agisse contro i suoi nemici, Trump festeggia: "Giustizia in America", sul suo social Truth, definendo James Comey “una delle persone peggiori” con cui gli Stati Uniti si siano mai confrontati. Nella "lista nera" di Trump, Comey è nei primi posti: è stato lui a indagare sul Russiagate, una delle maggiori "bufale" della storia. Nel 2017 il tycoon licenziò improvvisamente Comey dalla guida dell'FBI, prima puntando il dito sulla sua gestione dell'indagine sul server email privato usato da Hillary Clinton, poi ammettendo che lo aveva silurato per l'inchiesta su una sua possibile collusione con la Russia.
L'udienza preliminare, in cui le accuse vengono formalmente lette davanti all'imputato in tribunale, è stata fissata per la mattina del 9 ottobre ad Alexandria, in Virginia, alle 10:00 ora locale.
L'incriminazione ora agita le acque burrascose del Dipartimento di Giustizia. Pam Bondi, infatti, era scettica sul caso e ha cercato di porre uno stop, dicono i rumors. Bondi e il suo numero due, l'ex legale di Trump Todd Blanche, avevano pressato il presidente al fine di non rimuovere Erik Siebert, l'ex procuratore della Virginia di cui Halligan ha preso il posto. I loro sforzi non sono però valsi a nulla: il presidente ha deciso di procedere. "Mi hanno messo in stato di accusa due volte e incriminato cinque volte sul niente. Giustizia va fatta ora", ha detto Trump a Bondi nei giorni scorsi riferendosi a Comey, all'ex senatore democratico Adam Schiff e alla procuratrice di New York Letitia James.
Comey, ex direttore dell’Fbi, ha reagito alla sua incriminazione da parte di una giuria federale con un messaggio carico di sfida e determinazione. In un video diffuso su Instagram, ripreso dalla Cnn, ha dichiarato: "La paura è lo strumento di un tiranno, ma io non ho paura. E spero che anche voi non ne abbiate. Siate invece vigili, partecipate e votate come se il destino del vostro Paese dipendesse da questo, perché è così". Comey ha riconosciuto il costo personale e familiare dell’opposizione a Donald Trump, ma ha ribadito di non voler “vivere in ginocchio”. Ha espresso dolore per la crisi che sta colpendo il Dipartimento di Giustizia, pur confermando la sua fiducia nella magistratura federale: "Sono innocente. Affrontiamo il processo e manteniamo la fede".
La vicenda ha avuto un effetto immediato anche in ambito familiare: pochi minuti dopo l’incriminazione, il genero di Comey, Troy Edwards, ha rassegnato le dimissioni da procuratore federale.
In una lettera stringata, rivolta a Lindsay Halligan, neo-procuratore facente funzioni per il distretto orientale della Virginia – l’ufficio che ha portato avanti il caso – Edwards ha motivato la sua scelta come "un atto dovuto per onorare il giuramento alla Costituzione e al Paese".