L'Intifada, i 5 ergastoli, le Brigate di Al-Aqsa: chi è Barghuti, il leader della "terza via" palestinese

L'uomo, figura di spicco di Fatah, è tra i protagonisti della trattativa in corso in Egitto: Hamas chiede la sua liberazione, mentre Israele pone il veto

L'Intifada, i 5 ergastoli, le Brigate di Al-Aqsa: chi è Barghuti, il leader della "terza via" palestinese
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La richiesta di Hamas, il veto di Israele. C'è anche Marwan Barghuti al centro delle trattative in corso in Egitto. L'uomo, figura di spicco di Fatah, è da oltre vent'anni in carcere in Israele. La leadership di Hamas aveva definito "centrale" la scarcerazione del 66enne nell'ambito del negoziato del Cairo per porre fine alla guerra a Gaza. Barghuti sta attualmente scontando cinque ergastoli in una prigione israeliana per aver pianificato attacchi durante la Seconda Intifada in cui morirono cinque civili: lui ha sempre negato le accuse a suo carico, rifiutando la giurisdizione del tribunale israeliano. La posizione di Tel Aviv è netta: non ci sono speranze per un suo rilascio. La portavoce del governo israeliano Shosh Bedrosian ha ribadito che il suo rilascio non fa parte dell'accordo raggiunto con Hamas. Entrando nel dettaglio, l'intesa prevede la liberazione degli ostaggi ancora nella Striscia in cambio del rilascio di prigionieri palestinesi. "Posso dirvi che, al momento, non farà parte di questo rilascio" l'analisi della diplomatica.

Chi è Marwan Barghuti

Marwan Barghuti, 66 anni, è da circa vent’anni considerato un possibile protagonista di una terza via politica palestinese, alternativa sia a Hamas sia all’Autorità Nazionale Palestinese guidata da Abu Mazen. Un terzo della sua vita lo ha trascorso in carcere in Israele e, proprio per questo, il suo rilascio sembra improbabile. Dalle lettere che invia dal carcere nel deserto del Negev — dove è detenuto dal 2002 — Barghuti ha tracciato, nei mesi precedenti al 7 ottobre 2023, una road map politica inter-palestinese volta a superare l’attuale polarizzazione. Nel progetto che ha delineato sottolineava la necessità di un “progetto nazionale” in grado di “mobilitare energie e competenze” e di “costruire istituzioni efficaci” fondandole “di principi e valori della democrazia”, nel “rispetto del pluralismo politico... della libertà di pensiero... dell'alternanza di potere”.

Attivo fin dalla giovinezza nella politica palestinese, Barghuti partecipò alla Prima intifada e si affermò a livello nazionale durante la Seconda Intifada del 2000. Arrestato in Cisgiordania nel 2002 e già oggetto di un attentato nel 2011, fu condannato nel 2004 a cinque ergastoli e a 40 anni di reclusione con l’accusa di aver fondato e diretto le Brigate di Al-Aqsa — accusa che lui ha sempre respinto definendosi invece prigioniero politico. Nel 2002 dichiarò al Washington Post: "Non sono un terrorista, ma non sono neppure un pacifista", e aggiunse: "Sono semplicemente un normale uomo della strada palestinese, che difende la causa che ogni oppresso difende: il diritto di difendermi in assenza di ogni altro aiuto che possa venirmi da altre parti".

Nel tempo Barghuti è diventato una delle figure palestinesi più popolari, sia all’interno dei Territori occupati sia nella diaspora, e si è distinto per le critiche rivolte all’autoritarismo di Hamas a Gaza e alla corruzione all’interno dell’Anp in Cisgiordania. Nonostante i rapporti tesi con entrambe le fazioni, Hamas ha più volte richiesto che il suo nome compaia al primo posto nella lista dei prigionieri da liberare durante trattative con Netanyahu. Ogni qualvolta questa richiesta è stata avanzata, le autorità carcerarie israeliane hanno risposto con un irrigidimento delle condizioni detentive: trasferimenti in isolamento o in altre strutture penitenziarie e, secondo la moglie Fadwa — avvocata nota per l’impegno nei diritti delle donne — episodi di violenza da parte delle guardie.

Barghuti ha ripetutamente affermato di non voler imporsi come leader unico dei palestinesi e ha chiesto l’indizione urgente di elezioni democratiche nei Territori occupati, una prospettiva che

rappresenterebbe un problema per Israele, per Hamas e per l’Anp. Per i diversi attori coinvolti la sua figura è percepita in modo opposto: alcuni lo vedono come un “martire”, altri lo definiscono un “terrorista”.

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