Dopo sei giorni di combattimenti, Hamas non ha ancora esaurito le armi a sua disposizione. Nei depositi sparsi nella Striscia di Gaza, bersagli prioritari dell’aviazione israeliana, vi sarebbero ancora migliaia di razzi e missili, droni, armi da fuoco e munizioni. Un arsenale notevole, con cui i terroristi sono stati in grado di fare breccia nel “muro tecnologico” costruito da Israele attorno all’exclave palestinese e a massacrare la popolazione dei villaggi circostanti.
La maggior parte dell’equipaggiamento bellico di Hamas è autoprodotta nella Striscia, grazie ai rottami di ferro rimasti nel territorio dopo le operazioni belliche di Tel Aviv e la licenza per il confezionamento locale di proiettili di Kalashnikov russi. Questo è un aspetto su cui l’Iran, il maggior benefattore internazionale del gruppo terroristico, punta molto con notevoli investimenti da quando il canale di contrabbando che passava dal Sudan è stato sigillato dagli israeliani.
Oltre ai finanziamenti a Gaza, Teheran sfrutta la rete di tunnel sotterranei costruiti a partire dall’inizio degli anni duemila per inviare ai terroristi armi più avanzate, come sistemi a lunga gittata e missili balistici Fajr, in grado di colpire bersagli fino a 75 chilometri di distanza. “L’infrastruttura delle gallerie di Hamas continua a essere massiccia anche se Israele ed Egitto regolarmente la degradano”, commenta Bilal Saab, direttore del Programma di difesa e sicurezza del Middle East Institute di Washington. Inoltre, secondo Daniel Byman del Strategic and International institute, l’Iran invia “le sue armi più avanzate anche via mare”. Un’indicazione, questa, che il blocco aereo e navale imposto 17 anni fa sulla Striscia da Israele viene regolarmente violato dalle operazioni di contrabbando di Teheran. Hamas inoltre schiera armi prodotte in Corea del Nord, in Siria e nell’ex Unione Sovietica, tutte trasportate nella Striscia tramite vie illegali.
Nei giorni scorsi, inoltre, un’attivista cinese in esilio ha accusato Pechino di supportare lo sforzo bellico dei terroristi palestinesi. Jennifer Zeng ha postato su X alcune foto che, secondo lei, collegano i missili usati da Hamas ad una fabbrica di tubi d’acciaio di Layiang. È improbabile, però, che vi sia un filo rosso che collega direttamente i terroristi al Dragone. Già in passato la Cina era finita sotto osservazione per possibili esportazioni di armi. Tutte le indagini, però, hanno portato alla conclusione che materiali comprati nella Repubblica popolare e diretti in Medio Oriente sono stati mandati a Gaza da attori terzi e locali.
A livello di supporto finanziario, il Qatar dell’emiro al-Thani immette grandi flussi di denaro nelle casse del gruppo terroristico (circa 2 miliardi dal 2014) e invia aiuti consistenti alla popolazione, immediatamente requisiti da Hamas per pagare i propri combattenti.
Nel 2019, inoltre, la banca turca Küveyt Türk è finita in tribunale per aver agevolato il trasferimento di capitali in Palestina, violando le sanzioni contro il movimento terroristico che controlla la Striscia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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