Nuovo realismo sui migranti

Il risveglio dal sonno dell'utopia di Starmer è solo l'ennesimo ritorno alla realtà

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Bella, ma impossibile. A sinistra l'ultimo ad accorgersi che l'accoglienza senza limiti è soltanto un'irrealizzabile utopia è il leader laburista inglese Keir Starmer. Angosciato dai sondaggi in continua discesa accompagnati dagli irrefrenabili successi elettorali di Nigel Farage, paladino delle politiche anti migranti, Starmer non ha esitato, ieri, a liquidare le politiche delle frontiere aperte. Politica che il premier laburista definisce uno «squallido capitolo» da chiudere quanto prima per evitare di trasformare il Regno Unito in «un'isola di stranieri». Parole pesanti come macigni seguite da una proposta di legge destinata a inasprire le leggi sull'accoglienza e a scoraggiare i nuovi arrivi. Ma il risveglio dal sonno dell'utopia di Starmer è solo l'ennesimo ritorno alla realtà.


Un ritorno alla realtà che dopo anni di mancata integrazione, degrado delle periferie e destabilizzazione sociale accomuna tutti i governi europei. A cominciare da quelli che fino a pochi anni fa sembravano i più disposti a sostenere le tesi delle Ong e dei paladini dell'accoglienza. Per capirlo basta partire dalla Spagna dove il governo socialista di Pedro Sánchez non rinuncia al pugno di ferro e ai respingimenti per fermare i flussi migratori provenienti dal Marocco che premono sulle enclavi di Ceuta e Melilla. Contraddizioni non diverse da quelle registrate in Germania durante gli ultimi mesi del governo a guida socialdemocratica del Cancelliere Olaf Scholz quando i rimpatri forzati verso Siria ed Afghanistan sono diventati consuetudine. Una linea dura invocata negli ultimi tempi anche da un Emmanuel Macron sempre pronto, in precedenza a criticare la linea di Giorgia Meloni e dell'esecutivo italiano. Dopo l'ennesimo dietrofront della sinistra europea diventa doveroso chiedersi, però, come mai l'innaturale utopia di un'Europa senza confini e di un' accoglienza senza limiti abbiano potuto imperversare per una ventina d'anni senza alcuna giustificazione razionale. E come abbiano potuto minacciare, o addirittura sovrastare, il concetto di difesa delle frontiere nazionali fondamento per millenni di qualsiasi entità statale. La risposta sta nella coincidenza temporale con un'altra utopia chiamata globalizzazione. Due utopie in fondo non molto diverse. La globalizzazione prevede lo spostamento senza restrizioni delle merci e il trasferimento del lavoro in aree del pianeta dove la produzione costa meno. Nella stessa ottica la migrazione senza regole presuppone il trasferimento di esseri umani da zone come l'Africa - dove i consumi sono fisiologicamente limitati - a paesi, come quelli europei, dove il possesso di un telefonino, di un auto e di svariati elettrodomestici sono necessità individuale e familiare. I primi a considerare con estremo interesse il trasferimento di potenziali nuovi consumatori in paesi dove i mercati si stavano saturando sono stati i nuovi poteri economici transnazionali.

Nei primi anni duemila i nascenti potentati globali di Google (oggi Alphabet) Amazon, Apple o Meta non hanno esitato a sostenere e finanziare la nuova utopia e a contrastare - come già fatto sul terreno fiscale - le leggi degli Stati nazionali. E a trasformare il nuovo mito in ideologia globale ha contribuito finanziariamente anche il presunto filantropo e miliardario George Soros. Così la nuova ideologia alimentata dai poteri globali e mascherata da solidarismo umanista non ha tardato a conquistare una sinistra che priva dei suoi fondamenti marxisti non ha esitato a sostituire il concetto di proletario con quello di migrante. Un migrante che, insegnano le Ong, non appena sbarcato nella nuova terra promessa deve venir dotato di telefonino, ovvero dello strumento indispensabile a trasformarlo in un nuovo consumatore.

Ma l'effetto di tali storture, favorito dall'attività delle Ong e dalle cooperative di una sinistra decisa a trasformare l'accoglienza in profitto, non è stato diverso da quello nefasto della dittatura del proletariato. Alla fine, però, la destabilizzazione e il disordine sociale generati dalla convinzione di poter cancellare le frontiere hanno cancellato, invece, l'ultima grande illusione della sinistra.

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