
Ron DeSantis, rieletto governatore della Florida con un mandato largo e determinato, aveva promesso che lo Stato sarebbe diventato «il luogo dove il pensiero woke va a morire». Sembrava il motto di una crociata culturale, ma anche una dichiarazione di guerra ai dogmi ideologici che per anni hanno colonizzato le accademie, i media e le corporation americane: teoria critica della razza, identità fluide, programmi DEI (Diversità, Equità, Inclusione).
La Florida era diventata un laboratorio della nuova destra americana, un’utopia reazionaria in cui anche Disney veniva sfidata a viso aperto. Eppure oggi quell’esperimento rischia di incrinarsi. Non per una sconfitta elettorale, non per un cambio di rotta politico, ma per una nomina apparentemente tecnica: quella del nuovo presidente dell’Università della Florida.
Il nome proposto è quello di Santa Ono, ex rettore alle università di British Columbia e del Michigan, scelto – secondo diverse fonti – grazie all’influenza di Mori Hosseini, presidente del consiglio di amministrazione dell’università nonché grande finanziatore repubblicano. Hosseini avrebbe visto in Ono una figura di prestigio capace di alzare il profilo dell’ateneo. Ma a quale prezzo?
Santa Ono ha costruito la sua carriera proprio all’interno del sistema ideologico che la Florida voleva combattere. Ha difeso ogni moda progressista degli ultimi dieci anni: dalla “giustizia climatica” al razzismo sistemico, fino alle quote etniche e al linguaggio inclusivo. Si presenta con i pronomi “he/him” nel profilo Instagram e non manca mai di recitare i “land acknowledgments”, formule rituali che riconoscono l’università come insediata su “territori non ceduti” degli indigeni – una forma aggiornata di colpa coloniale.
Nei giorni scorsi sono circolati sui social video e dichiarazioni di Ono che hanno acceso un incendio politico. DeSantis ha subito preso le distanze, chiarendo di non essere coinvolto nella scelta. Diversi membri del Board of Governors – l’organo che deve approvare formalmente la nomina – si sono detti sorpresi, se non scioccati, dalla traiettoria ideologica del candidato. C’è anche chi sospetta che la società incaricata della selezione non abbia fornito un dossier completo, violando i regolamenti statali.
Il caso è ormai diventato un piccolo scandalo istituzionale. Ono dice di aver cambiato idea, di non essere più il promotore del pensiero woke che fu. Ma non ha mai spiegato perché, né quando, sia avvenuta questa conversione. Due sono le ipotesi: o era un vero credente del verbo progressista, oppure un opportunista pronto a dire qualsiasi cosa pur di scalare la carriera accademica. In entrambi i casi, non sembra il tipo di leader necessario per portare avanti la rivoluzione conservatrice delle università in Florida.
Qualcosa, però, sta cambiando. Secondo fonti interne al mondo accademico, il Board of Governors starebbe valutando seriamente un ripensamento. E pare che lo stesso DeSantis, pur mantenendo un basso profilo, abbia dato segnali in questa direzione, invitando i membri a votare secondo coscienza. Hosseini, però, insiste: vuole forzare la mano e far passare comunque la nomina.
Ma i membri del board dovrebbero ricordare di non essere lì per assecondare le ambizioni di un singolo donatore, per quanto potente. Il loro dovere è verso i cittadini della Florida, che hanno scelto un cammino di riforma radicale. La scelta di Santa Ono rischia di minare la credibilità di quel progetto.
Il rischio è che l’università pubblica più importante dello Stato venga guidata da un rettore che somiglia più a Ibram X. Kendi o Greta Thunberg che non a Ron DeSantis o Ben Sasse. E invece là fuori esistono candidati validi, magari meno noti, ma più in sintonia con la visione politica di chi vuole riportare le università al pensiero critico, alla libertà accademica, alla meritocrazia.
Meglio ripartire da zero che accettare, per comodità o pigrizia, l’ennesimo prodotto di un establishment
accademico che ha fatto del conformismo progressista il proprio dogma. La vera domanda da porsi è semplice: la Florida resterà il luogo dove il pensiero woke va a morire? O diventerà, silenziosamente, il suo nuovo rifugio?