
Irrompe Vladimir Putin nello scenario di guerra tra Israele e Iran. Mentre è iniziato il conto alla rovescia dei giorni che mancano allo scadere delle due settimane di meditazione autoassegnatesi tre giorni fa dal presidente Usa Donald Trump per decidere se e come e quando bombardare Teheran e mentre i tentativi diplomatici per incassare un passo indietro degli ayatollah sul percorso che porta al nucleare, il presidente russo prende drasticamente posizione in favore della Repubblica islamica. «L'Iran ha il diritto di perseguire programmi di tecnologia nucleare per scopi pacifici», ha detto ieri lo Zar in un'intervista a Sky News Arabia, aggiungendo che la Russia è pronta a fornire a Teheran «l'assistenza e il supporto necessari allo sviluppo dell'energia nucleare pacifica, proprio come ha fatto negli anni precedenti». Putin ricorda che «l'Iran ha dichiarato ripetutamente di non cercare di sviluppare armi nucleari. E l'Aiea non ha prove o segnali che indichino lo sviluppo di armi nucleari». Inoltre l'inquilino del Cremlino ricorda anche che esiste una fatwa in Iran che proibisce lo sviluppo di armi nucleari ed è «di grande importanza».
L'intervento di Putin sembra un po' riequilibrare le tifoserie del conflitto israelo-iraniano, nel quale l'Occidente ha preso decisamente le difese di Tel Aviv, pur invocando la fine dei bombardamenti dei target civili. In Europa si riflette su
quanto è accaduto venerdì a Ginevra, dove i ministri degli Esteri di Francia (Jean-Noel Barrot), Regno Unito (David Lammy) e Germania (Johann Wadephul) e l'Alto Rappresentante Ue per la Politica Estera, Kaja Kallas hanno incontrato il pari grado iraniano Abbas Araghchi. Un pomeriggio di trattative il cui unico risultato è stata la promessa di continuare il dialogo, sperando che porti a risultati migliori rispetto a venerdì. Quando l'Iran ha conformato di voler proseguire sullo sviluppo del nucleare per usi rigorosamente pacifici, clausola che sembra non rassicurare minimamente l'Occidente.
Ieri Araghchi è volato da Ginevra a Istanbul, dove ha incontrato i ministri degli Esteri dei Paesi dell'Organizzazione per la cooperazione islamica, un parterre compiacente con il quale il ministro iraniano ha avuto gioco facile ha spiegare le proprie ragioni e a ottenere una dichiarazione di condanna degli attacchi israeliani. Prima del vertice Araghchi ha affermato con alcuni giornalisti che sarebbe «molto, molto pericoloso per tutti» se gli Stati Uniti decidessero di partecipare attivamente alla guerra con Israele e ha ribadito l'intenzione di negoziare solo se smetteranno di cadere le bombe israeliane. «Per tornare alla diplomazia, l'aggressione deve cessare», ha tagliato corto.
Araghchi a Istanbul ha anche incontrato il padrone di casa, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che ha invocato colloqui
tecnici e a livello di leadership tra l'Iran e gli Stati Uniti per cercare di risolvere l'attuale crisi e si è offerto di assumere un ruolo da mediatore. «La regione non può tollerare un'altra guerra, Israele va fermato immediatamente».
L'Europa sembra voler insistere sul negoziato. Meglio un dialogo tra sordi che nessun dialogo. Ieri il presidente francese Emmanuel Macron ha sentito il presidente iraniano Masoud Pezeshkian, che gli ha ribadito che «non accetteremo in nessuna circostanza di ridurre a zero le nostre attività nucleari». L'uomo di Teheran ha però confermato la disponibilità a «discutere e a collaborare per costruire la fiducia nel campo delle attività nucleari pacifiche».
Da parte sua il capo dello Stato francese, che continua a credere nel format E3 per il dialogo con Teheran, ha avvertito il suo omologo della «profonda preoccupazione riguardante il programma nucleare iraniano», ribadendo che «l'Iran non dovrà mai avere l'arma nucleare» e dovrà «dare tutte le garanzie che le sue intenzioni sono pacifiche». Una partita a scacchi dominata dalla sfiducia e dalla paura. In attesa di Trump.