
Nei suoi romanzi, lo scrittore Mohammad Tolouei, racconta storie di persone «normali», ragazzi come Ebrahim e Elham, i protagonisti del bellissimo Enciclopedia dei sogni, appena pubblicato in Italia da Bompiani (con traduzione dal persiano di Giacomo Longhi Alberti). Un romanzo sulla classe media iraniana, che ai pasdaran è stato proibito e quindi in Iran non è stato pubblicato. Tolouei, nato a Rasht nel 1979, vive a Teheran ma in questo momento si trova a Madrid.
Mohammad Tolouei, come si sentono gli iraniani di fronte a questo attacco? Come hanno reagito?
«Le persone sono confuse e sconcertate. Per due mesi hanno alternato paura e speranza e, per due mesi, hanno costantemente sperato e sono state deluse. Si sono affidate a un accordo con l'America e a una pace possibile e ora invece si vedono sull'orlo di una guerra su larga scala. Credo siano confuse più di ogni altra cosa, e che non sappiano come reagire».
In un certo senso gli iraniani si aspettavano la guerra?
«Per un certo periodo, la guerra era considerata possibile: era qualcosa di sospeso nell'aria, ma non era davvero così vicina e reale. Credo che, in ogni situazione, la guerra derubi le vite e la giovinezza di coloro che sperano nel futuro. Io non voglio un'altra guerra: ho trascorso la mia infanzia durante un lungo conflitto e il trauma che ne è derivato io e la mia generazione lo portiamo ancora con noi».
Azar Nafisi ha più volte detto di vedere sempre più segnali che il regime sia indebolito. Questo attacco può determinare la sua fine?
«Un governo diventa debole quando non è più accettabile per la maggior parte della società. I governi totalitari
cercano di creare un gruppo di sostenitori: la loro base sociale, a cui offrono benefici illegali e poteri. In Iran, questa minoranza obbediente esiste, ed è molto fedele ai benefici che riceve. Non credo che ci sia stata una spaccatura in questo settore, ma i ranghi di persone che credevano nel governo sono diminuiti. Non solo in questo ultimo anno».
Com'è successo?
«Attraverso vari periodi. Il movimento studentesco di 25 anni fa, il movimento verde, il movimento Mahsa: ciascuno ha separato una parte di chi credeva nella rivoluzione. La classe media urbana è passata dal sostenere la Repubblica ad opporsi a essa a vari livelli. E questa è la classe sociale più ampia in Iran, quella che decide il modello di vita pubblica. Ecco, il regime ha una base forte nelle classi più alte e più basse, ma ha perso completamente la classe media urbana».
Perché il suo romanzo è stato proibito in Iran?
«La mia storia riguarda proprio le vite reali di due persone di questa classe media. Nel romanzo non c'è nulla che critichi il governo. È il suo realismo che lo ha reso proibito. I governi totalitari vogliono che l'unica verità sotto gli occhi di tutti sia quella che loro stessi riflettono: la verità è ciò che loro dicono».
Ha toccato qualche argomento sensibile alla censura?
«Questo romanzo non parla nemmeno di minoranze marginalizzate o di persone oppresse: è semplicemente una storia reale sulle modalità di relazione e le esistenze di persone reali nell'Iran di oggi, anche se forse dovrei dire di ieri, poiché ormai tutto è cambiato. Persone che vogliono una vita reale e che rifuggono dall'immagine prefabbricata che vuole il governo. Una storia del genere non può essere pubblicata nell'Iran di oggi».
Il suo romanzo parla anche della storia e delle tradizioni millenarie della antica Persia. Queste tradizioni riusciranno a sopravvivere?
«L'Iran sopravviverà insieme alle sue tradizioni storiche. Nel corso della storia, l'Iran è stato attaccato molte volte, dal punto di vista militare, ideologico e territoriale; eppure, l'Iran c'è sempre. Non si tratta semplicemente di un fatto storico: è un modo di vivere. Il sistema attuale non è nulla più di un battito di ciglia nell'intera storia e, allo stesso modo, l'ostilità di Israele non è qualcosa di storico e permanente».
Nonostante il terrore per l'attacco, crede ci sia anche la speranza che il regime crolli, una possibilità evocata anche da Israele?
«Israele non ha alcuna giustificazione morale per attaccare l'Iran perché potrebbe avere armi nucleari. Un Paese che affama la popolazione inerme di Gaza non dovrebbe cercare giustificazioni morali per le proprie azioni. Parte di questo attacco è solo per giustificare il trattamento disumano di Israele nei confronti dei palestinesi».
Quali sono i problemi più gravi per gli iraniani di fronte a una guerra?
«Il problema principale per la popolazione dell'Iran rispetto a questa guerra è che è prolungata, distrugge le loro infrastrutture e rende le loro vite sempre più difficili, senza alcun
cambiamento. La popolazione iraniana è costantemente indebolita e non intravede un futuro positivo per sé; e questo futuro sta diventando sempre più irraggiungibile, a causa della guerra e della distruzione che essa porta con sé».