Trump: "Sottomarini nucleari schierati". Cosa rivelano davvero le parole del presidente Usa

Il battibecco tra Trump e Medvedev ha scatenato la paura atomica. Cosa significano però le parole di Trump e che tipo di missione svolgono i sottomarini nucleari lanciamissili balistici

Trump: "Sottomarini nucleari schierati". Cosa rivelano davvero le parole del presidente Usa

Venerdì primo agosto, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, dal social Truth ha affermato che “sulla base delle dichiarazioni altamente provocatorie dell'ex presidente russo Dmitry Medvedev, ora vicepresidente del Consiglio di Sicurezza della Federazione Russa, ho ordinato il posizionamento di due sottomarini nucleari nelle regioni appropriate, nel caso in cui queste dichiarazioni insensate e provocatorie fossero più di questo. Le parole sono molto importanti e possono spesso portare a conseguenze indesiderate; spero che questo non sia uno di quei casi. Grazie per l'attenzione!”.

Queste parole sono state innescate da una diatriba, tutta sui social, tra l'inquilino della Casa Bianca e Dmity Medvedv avvenuta la scorsa settimana: l'ex presidente russo, infatti, in risposta a una dura critica di Trump per i toni accesi sulla questione dei dazi sul petrolio russo, ha affermato che Mosca ha ancora tutte le capacità di attacco nucleare dell'era sovietica. Il presidente Usa ha aggiunto ieri che i sottomarini nucleari “sono nella regione, dove devono essere” durante una dichiarazione ai media mentre tornava a Washington. Oggi è intervenuto direttamente anche Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino, che ha provato a smorzare i toni affermando che "Mosca tratta con cautela le dichiarazioni legate alle questioni nucleari e ritiene che tutti debbano essere prudenti su questo tema".

Questo duello di affermazioni sui social che sventolano lo spauracchio atomico, ha innescato preoccupazione nel pubblico mondiale poco avvezzo ai meccanismi della propaganda di Stato 2.0 nata nell'era dei social network. Per capire meglio cosa sta accadendo, è bene spiegare alcuni concetti, tra cui quello prettamente militare riguardante l'impiego dei sottomarini nucleari lanciamissili balistici.

Innanzitutto, va precisato, il presidente Trump non ha specificato quali sottomarini nucleari sono stati mobilitati. Ne esistono infatti di tre tipi a seconda del compito che devono svolgere: SSN, da attacco, SSBN, lanciamissili balistici, ed SSGN, lanciamissili da crociera. Molto probabilmente il presidente Usa si stava riferendo ai secondi, ovvero ai sottomarini a propulsione nucleari capaci di lanciare missili balistici armati di testate atomiche, che fanno parte della cosiddetta “triade nucleare” dei Paesi dotati di un arsenale atomico di rilievo insieme ai missili balistici intercontinentali basati a terra (ICBM) e ai bombardieri strategici capaci di trasportare missili da crociera con testata nucleare e bombe atomiche a caduta libera.

Proprio perché Trump si stava riferendo agli SSBN – detti anche boomer in gergo militare – quanto affermato non rappresenta nulla di nuovo dal punto di vista strettamente militare. Sin da quando sono entrati in servizio per la prima volta nella storia, i sottomarini lanciamissili balistici effettuano pattugliamenti continui in mare in precise zone di lancio assegnate. Gli SSBN di Stati Uniti, Russia (Unione Sovietica prima), Francia e Regno Unito sono impiegati – in un certo numero – in costanti pattugliamenti in mare per essere rapidamente pronti a lanciare in caso di necessità, sia in condizioni di pace, sia in condizioni di crisi internazionale.

Forse Trump si stava riferendo ad altri battelli che vanno ad aggiungersi a quelli regolarmente impiegati per questo servizio? Probabilmente. Però bisogna considerare un secondo fattore, ovvero quello della propaganda politica di Stato che viene regolarmente effettuata sui social e che vede nei due protagonisti di questa diatriba i più grandi estimatori (e utilizzatori).

Dmitry Medvedv, sebbene ricopra una carica in fondo secondaria nell'organigramma della Federazione russa, parla comunque in modo subordinato alle direttive del Cremlino: sarebbe ingenuo pensare che la presidenza russa gli lasciasse “carta bianca” nelle sue dichiarazioni. Questo significa che il Cremlino ha tutto l'interesse a che il vicepresidente del Consiglio di Sicurezza utilizzi i social per esacerbare i toni del dibattito diplomatico pubblico, in quanto trattandosi di un sistema mediatico ormai universale, raggiunge una platea molto ampia, soprattutto in Occidente dove la propaganda russa è, a volte, molto efficace quando sventola lo spauracchio del nucleare (e non solo). Il bersaglio di queste affermazioni, a tutti gli effetti molto esplicite e bellicose, non è il presidente Trump, bensì la popolazione – non solo statunitense – sapendo che in un sistema aperto come la democrazia occidentale essa ha il potere di indirizzare le politiche governative grazie al voto ma soprattutto grazie a diverse manifestazioni di dissenso, che comunque vengono sempre tenute in considerazione dai governanti.

Il presidente Trump non è da meno, e infatti ha sempre utilizzato i social network, soprattutto Truth, in modo molto disinvolto (per non dire spericolato), proprio per fare leva sullo stesso meccanismo già enunciato: condizionare l'opinione pubblica. Si tratta quindi di una nuova forma di diplomazia? Non sempre.

Quanto si legge sui social da parte di varie cariche di Stato, o da parte di personaggi collegati in qualche modo a esso, rappresenta un singolo tassello di un mosaico più ampio che non va sempre preso alla lettera, ma messo in prospettiva considerando altri fattori, tra cui quelli che non conosciamo pubblicamente ma che hanno un peso molto maggiore, come appunto i contatti diretti tra le rispettive diplomazie.

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