La stagione fredda del "Macrolepenismo"

Come Emmanuel Macron ha dovuto negoziare con Marine Le Pen per la stabilità

La stagione fredda del "Macrolepenismo"
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Parigi val bene una messa. Se l'Italia è per eccellenza il laboratorio politico del disordine, la Francia invece è quello dell'ordine politico par excellence. Non appena Emmanuel Macron aveva deciso di sciogliere l'Assemblea Nazionale e andare al voto, l'establishment francese aveva immediatamente assunto una postura di allerta. In politica, bisogna aspettarsi di tutto, fuorché lasciarsi cogliere di sorpresa scriveva un gigante del pensiero d'Oltralpe come Charles Maurras. Già si era configurata infatti, nella testa dei ragazzi dell'Ena, uno scenario che riportava il Paese negli anni della coabitazione. E qualora il Rassemblement National oppure il Nouveau Front Populaire, avessero sbancato alle legislative, il prefetto Pascal Mailhos, a capo della Coordinamento nazionale d'informazione e della lotta contro il terrorismo (CNRLT) - un'organizzazione che deve dimostrare duplice lealtà collocandosi a cavallo tra il Presidente della Repubblica (non a caso ha sede all'Hôtel de Marigny, una dépendance dell'Eliseo) e il Primo Ministro - era stato indicato a gestire questo ipotetico scenario di crisi.

Pertanto, sotto la pressione di 10,6 milioni di elettori frontisti, Emmanuel Macron, ha dovuto rinunciare a Xavier Bertrand, e negoziare il successore di Gabriel Attal con Marine Le Pen - tagliando fuori dai giochi Jean Luc Mélenchon - nominando come Primo Ministro l'ex commissario europeo gollista Michel Barnier. Così, a rubare la scena dietro le quinte a Pascal Mailhos, è stato Thierry Solère, consigliere personale dell'attuale capo dell'Eliseo che ha svolto il ruolo da pontiere tra i due rivali politici organizzando i tavoli delle trattative. Si è così concretizzato quello scenario inverosimile che l'intellettuale francese Emmanuel Todd aveva prefigurato già nel 2019, coniando l'efficace formula del Macro-lepenismo, cioè l'unione tra la l'establishment e il populismo, sulla base di un elettorato socio-professionale comune: le forze dell'ordine, lasciate liberi d'agire da Emmanuel Macron e per il 50% sostenitori di Marine Le Pen.

La scelta di Barnier, che in passato aveva fatto campagna per la Brexit, rappresenta proprio l'elemento europeista, a fare da ufficio di collegamento tra il partito delle istituzioni e quello della rivolta, e si inserisce in una prospettiva internazionale tutta francese, in risposta al nuovo premier inglese, il laburista Starmer, che sta dimostrando di voler rafforzare la saldatura anglo-americana, giocando di sponda, se necessario con l'Italia di Giorgia Meloni in una logica anti-tedesca e anti-francese.

Inoltre su un piano meramente pragmatico, per Marine Le Pen, questa indica un'opportunità temporanea, in vista «di nuove elezioni legislative entro un anno», ma soprattutto di spezzare il «fronte repubblicano» della sinistra, cioè impedire agli elettori del Fronte Popolare di votare in futuro nei ballottaggi per i candidati di Emmanuel Macron, il quale già si prepara al dopo-Eliseo, con un posto al sole, da Re Sole, a Bruxelles.

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