Il vertice di 90 minuti, la cooperazione e il nodo commerciale: com‘è andata la visita di Meloni in Cina

Un meeting serrato ma disteso, che dall'economia ha allargato la discussione alle tensioni internazionali-in primis Ucraina e Medio Oriente-, ma anche ai complessi rapporti Cina-Europa

Il vertice di 90 minuti, la cooperazione e il nodo commerciale: com‘è andata la visita di Meloni in Cina

Una missione per riparare uno strappo, inaugurare un nuovo corso delle relazioni bilaterali ma soprattutto scrivere le nuove regole di questa nuova fase: sono questi gli obiettivi della missione di Giorgia Meloni in Cina, nonché le direttrici dell’incontro di oggi con il presidente Xi Jinping. Il faccia a faccia, il secondo tra Meloni e Xi dopo il vertice G20 convocato a Bali nel 2022, si è concluso dopo oltre un'ora e mezza alla presenza del ministro degli Esteri Wang Yi, con scambi incentrati su commercio e investimenti, collaborazione in ambito scientifico e culturale, governance dell'intelligenza artificiale.

L'agenda allargata alla situazione internazionale

Un meeting che è durato perfino più del dovuto, contravvenendo alla rigidità del protocollo del Dragone, passando dal contesto serioso della riunione a porte chiuse al colloquio a piedi, uno di fianco all'altra, lungo i viali alberati dei giardini della Diaoyutai State House. L’Italia si è presentata a Pechino dopo le tensioni di Bali e lo strappo del dicembre scorso, per nulla andato giù a Xi Jinping.

Un incontro che ha inevitabilmente allargato l’agenda alla complessa situazione internazionale, a partire dall'invasione russa dell'Ucraina. Come riferito da Palazzo Chigi in una nota, parte del colloquio è stata dedicata agli sviluppi nella guerra in Ucraina, in Medio Oriente e nell'Indo-Pacifico, dossier che non figurano nella trascrizione del colloquio divulgata dalla stampa cinese, che tiene piuttosto a ribadire l'aderenza dell'Italia alla politica della "Cina unica". Tema bollente, considerando anche il recente monito della Nato alla Cina, accusata di agevolare Mosca attraverso forniture militari e sostegno politico. Senza dimenticare, poi, le dichiarazioni di Xi di due anni fa, in cui aveva sostenuto che il mondo fosse convinto che Pechino avesse un’influenza su Mosca che in realtà non possiede. Ma c’è stato un precedente importante negli ultimi giorni: la recente visita in Cina del ministro degli esteri ucraino Dmytro Kuleba, timido segnale di un possibile ruolo decisivo di Xi nella fine di un conflitto.

Una possibilità che Meloni ha voluto sottolineare all’apertura del bilaterale con Xi, parlando di Pechino come di un "interlocutore molto importante", "per ragionare insieme, partendo dai rispettivi punti di vista, di come garantire stabilità e pace". Resta il fatto che, almeno per metà, i retroscena e i corollari cinesi dell’incontro sono un’incognita. Difficile comprendere la sfinge cinese, che su Kiev non fa trapelare nulla. Confermata, invece, la digressione sulle tensioni nell'Indo-Pacifico e del processo di riforma del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

Un bilaterale soprattutto "economico"

L’incontro, tuttavia, si è inserito principalmente nell’alveo delle relazioni economiche. Il piano d'azione in tre anni siglato in questi giorni tra Italia e Cina appare un passo decisivo per colmare un gap, più che per fare ammenda su una decisione convinta e decisa. Una convinzione che Xi sembra ancora mal digerire, auspicando che Pechino e Roma sostengano e promuovano "lo spirito della Via della Seta", evocato anche dal primo ministro Li Qiang. A dimostrazione del boccone amaro, anche la stampa nazionalista cinese ha bollato il Piano d'azione triennale come una "contropartita all'uscita dalla Bri".

Ma c’è stato anche di più. Pechino ha bisogno di un nuovo chaperon presso l’Unione Europea. Roma può esserlo? Meloni ha palesemente candidato la Penisola al ruolo di referente privilegiato per riavvicinare Cina ed Europa, allontanatesi sempre più negli ultimi quattro anni. “Rispetto delle regole” è stato il suo mantra all’interno dell’incontro, un tema già ribadito ieri nel ridisegnare i rapporti bilaterali.

Xi, dal canto suo, si è detto "disposto a collaborare" con l'Italia "per promuovere l'ottimizzazione e il miglioramento della cooperazione negli investimenti economici e commerciali, nella produzione industriale, nell'innovazione tecnologica e nei mercati terzi, nonché per esplorare la cooperazione in aree emergenti come i veicoli elettrici e l’intelligenza artificiale". Un fritto misto, insomma, in cui la Cina "accoglie con favore le aziende italiane che investono" al suo interno, "disposta ad importare più prodotti italiani di alta qualità", chiedendo in cambio "un ambiente imprenditoriale equo, trasparente, sicuro e non discriminatorio affinché le aziende cinesi possano svilupparsi in Italia".

Le promesse di Xi

Da parte sua, Xi ha tenuto a ribadire che la Cina è pronta a condividere le sue opportunità di sviluppo. "Il progresso sano e stabile delle relazioni Cina-Italia è nell'interesse comune dei due Paesi e dei loro popoli. A dispetto delle profonde evoluzioni nell'attuale panorama internazionale, la volontà della Cina di attribuire importanza e sviluppare le relazioni bilaterali non è cambiata, l'essenza della cooperazione e delle relazioni vantaggiose per tutti è rimasta immutata, così come l'amicizia tra i due popoli".

La Cina s'impegnerà ad incrementare le importazioni di prodotti italiani d'alta qualità, auspicando dall'Italia "un ambiente imprenditoriale equo, trasparente, sicuro e non discriminatorio per le sue imprese". Inoltre, Pechino sostiene il Paese nell'ospitare le Olimpiadi invernali del 2026 e chiede agevolazioni sui visti per i viaggiatori cinesi.

Infine, è auspicabile che Roma "rivesta un ruolo costruttivo nella promozione del dialogo e della cooperazione tra la Cina e l'Europa, oltre che nella promozione dello sviluppo positivo e stabile delle relazioni tra Pechino e Bruxelles", ha sottolineato Xi.

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