Dunque, visto dagli attici Maga di New York e Washington, il Vecchio continente è destinato a sgretolarsi come una scogliera atlantica, sottoposto com’è all’azione devastante e incessante delle ondate migratorie e degli uragani woke. Non è chiaro se a Trump questa ineluttabile estinzione della civiltà europea dispiaccia sul serio o se in fondo non si prepari al funesto evento con malcelata soddisfazione e un senso di rivincita covato fin dai tempi dell’indipendenza delle colonie, ma di sicuro il rischio esiste.
Che negli ultimi decenni l’Europa abbia smesso di fare figli e annacquato la propria identità, ricca perché poliforme, in ossequio al multiculturalismo post-coloniale che vede nei diritti altrui l’unico dio, è innegabile fin dal rifiuto di inserire le radici giudaico-cristiane nella Costituzione Ue. Figuriamoci al tempo delle Biancaneve meticce o delle Gesù Bambine nei presepi. Il pericolo però è talmente percepibile che - di fronte a certi eccessi - quasi tutti gli Stati hanno virato a destra (Italia, Germania, Austria, in certa misura anche la Francia) o hanno costretto la sinistra a scendere a patti con un mutato spirito del tempo, meno disposto ad aderire al messaggio di accoglienza indiscriminata e sbianchettamento delle differenze, come accaduto al Labour inglese o alla socialdemocrazia danese, più rigidi di certi governi sovranisti in termini di immigrazione. Tradotto: anche se gli americani agiscono sempre come scopritori dell’acqua calda e della democrazia, sono svariati secoli che gli europei affrontano il tema della crisi morale del loro sistema. Quello che, per inciso, la democrazia, la libertà e il diritto li ha inventati davvero. Giusto per rimanere a cavallo del Novecento, Oswald Spengler pubblicava il primo libro del Tramonto dell’Occidente nel 1918 e Oriana Fallaci tuonava anatemi contro l’Eurabia dopo l’11 settembre, ma sono infiniti i contributi al dibattito. Con il dovuto rispetto, un filo più autorevoli del dossier di J. D. Vance, comunque da ringraziare per l’interessamento.
La civiltà europea è iridescente e in evoluzione dai tempi dell’agorà, perché è stata in grado di resistere e inglobare qualsiasi minaccia, digerendola e alimentandosene. Da Aristotele a Roma, dal cattolicesimo al misticismo, dall’empirismo all’idealismo, dall’illuminismo al romanticismo, all’esistenzialismo al superomismo, la cultura europea dei parlamenti e delle rivoluzioni è un tutto capace di tutto: di stendere la Magna Charta e di partorire il comunismo, di toccare i vertici dell’umanesimo e di annientare l’umanità nei lager. La cultura europea ha resistito ai barbari, ai mori, a Marx e perfino al consumismo yankee: se ritroverà l’orgoglio di essere se stessa, sopravvivrà anche al gender e alla sbornia ideologica che si nutre di un senso di colpa collettivo per essere un posto pacifico, ricco e a misura d’uomo.
Resta da augurare lo stesso destino agli Stati Uniti libertari e democratici che abbiamo amato fin dal 1945.