Da giorni mi tormentava un pensiero: che fine ha fatto la Flotilla? Qualcuno li segue passo passo con la telecamera per filmarne le gesta? Mi ero immaginato si stessero nascondendo per decoro, per pararsi le chiappe, essendo emersi gli altarini (islamici) della loro spedizione. Macché. Sono in splendida forma. Avevano dichiarato di aver subito torture dagli israeliani: sono lieto di annunciare che ne sono usciti vispi e lustri. Non soffrono, s'offrono. Sono semplicemente passati dalla prua al palco. Navigare è faticoso, molto meglio girare l'Italia a catechizzare i gonzi. I consigli comunali di città e paesini scovano chi tra i concittadini è stato parte della spedizione, lo stanano per premiarlo, presentare libri, pontificare in conferenze. I capitani della ciurma sono sventolati come bandiere umane nelle manifestazioni più idiote del pianeta. Attivismo liquido: basta agitarli e sprizzano propaganda. Altro che nascondimento: troppa grazia, sant'Antonio.
A Milano è comparso un murale con Greta Thunberg e Francesca Albanese, immortalate con il pugno chiuso: lo stesso gesto mostrato contro Giorgia Meloni e la «finanziaria fascista» (sic) a Roma. L'icona del progressismo militante è ormai un trittico: Greta, Albanese e la vernice spray. Io, purtroppo, non compaio nei murales: dev'essere che il mio stile (...)
(...) non è abbastanza pop, o
forse i writer temono di rovinarsi la carriera. Mi devo accontentare di Crozza. Greta intanto è un fenomeno astrale: non imita i magi, fa direttamente la cometa, ma anche Gesù Bambina. A Genova è accorsa allo sciopero dei Cobas tra i camalli, preferendoli ai cammelli; un attimo dopo eccola a Roma contro Israele e il caro prezzi; poco prima era stata a Venezia per denunciare l'«ecocidio», che fa pur sempre rima con genocidio,
tingendo di verde il Canal Grande (non di arcobaleno, ché ai musulmani si rizzano i baffi). La Thunberg non inquina: dev'essere ubiqua come padre Pio, trasportata da angel*.
Le fa concorrenza pubblicitaria «Wahoo! Un'Odissea al contrario», il libro di Vanni Bianconi svizzero di Locarno trapiantato a Londra, anima di festival e programmi culturali che annuncia di voler donare i diritti per costruire una casa a Gaza. Ottimo intento, dimenticando però che il Qatar ha già portato miliardi per la stessa causa, finiti però nei tunnel di Hamas. Ma l'umanitarismo selettivo usa forbici grandi: taglia ciò che disturba la narrazione.
Intanto si prospetta il sequel: la nostra Francesca Galici ha scovato l'annuncio per la «nuova Flotilla» di primavera. L'inverno è ruvido e il martirio va servito tiepido. «Unisciti all'equipaggio marittimo Thousand Madleens to Gaza (Ita)». Il promotore è Luca Casarini: «Cerchiamo skipper, marinai/e, barche, posti barca, tecnici marittimi (meccanici, rigger, carpentieri, fabbri, periti, portuali, ecc.)». I candidati dovranno prepararsi sui nodi marinari e sull'antisemitismo.
Insomma: non si nascondono. La reputazione della Flotilla è intatta. Possibile? Direi ovvio. Il Tempo aveva scoperto e Il Giornale rilanciato i finanziamenti occulti di Hamas. Ciò che ormai non era più occulto è stato occultato dal Grande Quotidiano Unico Mondiale, che non sarà filo-Hamas ma tratta la Flotilla come entità intoccabile. Le sue origini devono restare immacolate per dogma. Qualche giornale indipendente avrebbe finalmente voluto raccontare tutto? No: è arrivato il «monito» (copyright Francesca Albanese), trasformando la devastazione de La Stampa in avvertimento per tutti. A noi, invece, suona come sprone a non tacere. Non è questione di opinioni che ognuno ha il diritto di esprimere ma di notizie seppellite scientemente.
E poi c'è l'umanitarismo selettivo. Ci sono genocidi che non convengono e quindi vengono cancellati. Non entrano nel fascio di luce progressista: spariscono. Prendiamo il Sudan. Villaggi carbonizzati, fosse comuni, stupri etnici, famiglie sterminate. Gli autori sono i «diavoli del Darfur», milizie arabo-islamiche attive da vent'anni. Operano contro tribù in gran parte cristiane e animiste. Chi arma gli assassini? La Cina (evito la lista dei giocattoli di morte), gli Emirati Arabi Uniti (mete turistiche di grido), alleati organici della Francia. E mentre Macron come mostrato da Der Spiegel critica Trump perché tenta di fermare il massacro ucraino, fa affari con chi rifornisce i macellai del Darfur. Trump sarà urtante anche a tavola, ma almeno non fa yoga diplomatico sui cadaveri.
La domanda è inevitabile: perché la Flotilla non parte per il Sudan? Il Canale di Suez
è aperto anche ai velieri, Port Sudan è sul Mar Rosso, non così lontano da Sharm. Se partite, vengo anch'io. Sicuro che mi rispondereste, come nella canzone di Jannacci: «No, tu no». Ma nessuno dirà che non ci ho provato