Politica estera

Dal ranch a Capitol Hill: storia del Cherokee repubblicano al Senato dopo cent'anni

L'esponente del Gop Markwayne Mullin ha sconfitto la dem Kendra Horn alle midterm e ora riscrive la storia: così un nativo dell'Oklahoma torna nella camera alta

Mullin in sella al suo cavallo
Mullin in sella al suo cavallo

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Dal ranch a Capitol Hill: storia del Cherokee repubblicano al Senato dopo cent'anni

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Forse si sarà voltato un’altra volta verso quella lingua di terra sterminata che si dipana placida davanti al suo ranch, a Tulsa, prima di accendere la tv. Sulla Cnn davano i risultati live delle midterm, il giro di boa a stelle e strisce che rialimenta la contesa politica. Così, quando è apparso evidente che aveva quasi doppiato nei consensi la sfidante Dem Kendra Horn, il repubblicano Markwayne Mullin deve aver sentito arrampicarsi lungo le scapole l’ingombro di sentimenti stordenti. Da un lato una sbornia di gioia per quei settecentodiecimila voti che gli aprono la maniglia sull'altra ala del Campidoglio. Dall’altro, il peso della storia che preme per essere rappresentata.

Perché quel terreno lì è il lascito dei suoi avi indiani, una tribù Cherokee che lo riottenne dal governo federale, passandolo di generazione in generazione, fino a suo padre. Per aggiungere pressione a questo rendez-vous, servirebbe rammentare che l’ultima volta di un nativo americano direttamente dall’Oklahoma al Senato portava incisa caratteri sbiaditi: 1925, praticamente un secolo fa.

Quarantacinque anni, sei figli e una moglie, Christie, partner prediletta per progetti imprenditoriali scintillanti: fonda aziende da fine anni Novanta, al ritmo di un distributore di Pepsi incantato. Oggi fornisce lavoro a centinaia di impiegati nello Stato e giura di volere esportare quel modello anche sugli scranni del Senato: “A Washington – ha dichiarato – i professionisti della politica ancora non lo capiscono. Lo capiranno”. Una sicumera che probabilmente scaturisce dall’abbuffata elettorale e, nondimeno, dall’endorsment ricevuto già nel 2020 da Donald Trump, uno che può certamente essere contestato in molti modi, ma non quando si tratta di azzeccare i cavalli vincenti. L’ex presidente si è riferito proprio a gente come Mullin per rammentare come le sue scelte pregresse – sostenute da gloriosi battage pubblicitari – puntassero inequivocabilmente su figure animate da principi solidi e non da discutibili estremismi.

Quando non maneggia le sue attività e non è impegnato con la politica – del resto era già membro della Camera - si diletta con le arti marziali, di cui a dire il vero è campione. Il suo successo più fulgido consiste però certamente in quel seggio appena strappato: ha conquistato un elettorato conservatore, ma che considerava indigesto ogni fanatismo. Appare in molti scatti in sella al suo cavallo, la barba abbondante ma curata, camicia di jeans e cappellino da baseball calato su un sorriso largo.

Al Senato porterà senz’altro un completo, oltre ad una dose consistente di spirito Cherokee.

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