Peggio di Hamas soltanto i Pro Pal

Mi disgustano più dei tagliagole di Gaza, questi paladini da salotto che ieri gridavano "basta stragi" e oggi tacciono come monache di clausura

Peggio di Hamas soltanto i Pro Pal
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La chiamano pace, quella firmata a Sharm il 13 ottobre. Io la chiamo amnesia collettiva. Non è una firma su un trattato che cambia la testa dei terroristi se lascia in mano le armi alle canaglie, promuovendole addirittura a forze di polizia. Viva Trump, che almeno ha fermato la strage dei bambini, ma questa non è la fine del conflitto. A Gaza si spara ancora, solo che i proiettili partono contro i palestinesi sbagliati: quelli che non sono di Hamas.

È il modo palestinese di celebrare la pace: con la pallottola dell'amore fraterno. I tiranni in divisa ben stirata dicono di «ripulire» Gaza dai banditi che assaltavano i camion degli aiuti. Ma se davvero c'erano queste bande, perché non le hanno fermate prima? Forse perché la fame dei poveri cristi faceva comodo. Ogni assalto garantiva tangenti e mercato nero sotto i tunnel. Ora che i predoni non servono più, e magari parlano, li eliminano. È la pacificazione secondo Hamas: martirizzare la propria gente.

In Italia intanto furoreggia la platea di ipocriti che acconsente da lontano, con kefiah griffata e bicchiere di champagne in mano, alla «vittoria morale» di Hamas. Mi disgustano più dei tagliagole di Gaza, questi paladini da salotto che ieri gridavano «basta stragi» e oggi tacciono come monache di clausura. Gli eroi del «non in mio nome» sono diventati gli specialisti del «fate pure, ma in silenzio». E se proprio serve un colpevole, ci sono Trump e Meloni. Che pena.

Perché peggio di Hamas ci sono solo i pro Pal, gli adoratori occidentali del terrorismo esotico. Gli ex trinariciuti di Guareschi si sono moltiplicati: oggi hanno tre narici e due account social. Gridano «pace» solo quando muore un palestinese ucciso da Israele, ma se a farlo è Hamas, zitti e mosca. Non si disturba la rivoluzione quando spara sui suoi. Funziona così: se Israele elimina un terrorista, apriti cielo, fiaccolate e cortei. Se invece Hamas fucila i propri inermi concittadini per tenere in piedi la dittatura, allora amen: «questioni interne». È per il bene della causa. E gli ostaggi ebrei, vivi o morti? Non esistono. Non devono essere nominati. Perché sono ebrei, e dunque nella logica dei pro Pal non persone ma disturbi narrativi. È la nuova frontiera dell'antisemitismo: negare l'umanità di chi soffre. Ormai la morale dei progressisti è diventata quella dei pro Pal, i quali godono a spernacchiare i loro protettori politici

di sinistra, rifiutando il dono dell'Ambrogino d'Oro che i seguaci di Schlein e Conte volevano oscenamente assegnargli. Ritengono Milano troppo filo-ebraica per riceverne un'onorificenza, poiché non ha rinnegato il gemellaggio con Tel Aviv. Invece di prendere questi antisemiti a sberle, il sindaco Sala e la sua maggioranza progressista incassano silenti come fosse una marachella da oratorio.

E allora sì, lo ripeto: peggio di Hamas ci sono i pro Pal e i loro padrini rossi e gialli. Almeno Hamas, nel suo orrore, non finge di essere buona. I pro Pal invece vivono di ipocrisia e selfie morali. Si indignano a giorni alterni, sempre contro il bersaglio sbagliato. Si credono giusti, ma difendono i carnefici.

La verità è che la pace di Gaza non è la vittoria della ragione, ma la sconfitta della pietà. È l'ora dei ciechi volontari. Hanno cancellato le vittime e si sono tenuti i colpevoli. Temo che, prima o poi, Gaza avrà davvero bisogno dei nostri Carabinieri.

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