
I social sono un po' i cantieri dei giornalisti in pensione. Invece dei lavori in corso, che è roba per ex tassisti, loro passano il tempo libero a postare.
Gianni Cerqueti, ad esempio.
Telecronista uscito ormai quattro anni fa per limiti di età da quella Rai in cui era entrato agli inizi degli anni Ottanta, quando non c'era TeleMeloni ma funzionava ancora benissimo TeleBottegheOscure, Cerqueti - «Di sinistra non annacquata» come da autobiografia dell'account - è un twittatore compulsivo. A leggere la sua time line, moderatamente più a sinistra di Pol Pot. L'altro giorno in un post su X ha ironizzato sull'assassinio di Charlie Kirk. Era difficile superare i commenti di Scanzi, Saviano o Odifreddi. Ma lui ce l'ha fatta benissimo. Riferendosi al fallito attentato a Donald Trump dello scorso anno, si è felicitato che questa volta abbiano «aggiustato la mira». Subito è stato sommerso da critiche e da minacce di denuncia. E di solito, in casi simili, delle due l'una. O dici che sei stato frainteso o cancelli il post. Lui, entrambe le cose. Mancando di coerenza, si rinuncia anche al coraggio.
Ora, noi siamo per la libertà di parola totale (vale per ciò che diceva l'odiatore Kirk) e di critica (vale per quello che dicono di lui i suoi
odiatori). Solo consigliamo, in generale, una maggiore chiarezza nell'individuare in tutta questa storia il colpevole. Che non è la vittima, ma chi ha sparato. Per vederlo con chiarezza, però, bisognerebbe aggiustare la mira.