Quei deliri anti israeliani per giustificare l’attentato a Gerusalemme

Intellettuali pro Pal divisi tra silenzi e attacchi a Netanyahu: "È lui il più grande terrorista". La teoria folle: strage voluta da Tel Aviv come alibi

Quei deliri anti israeliani per giustificare l’attentato a Gerusalemme
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Neanche il tempo di fare la conta delle vittime dell'attentato terroristico avvenuto ieri a Gerusalemme che subito sono cominciati a fioccare commenti dal tenore giustificazionista e anti israeliano. Sui social network utenti che di solito condividono contenuti pro Pal, di gruppi e organizzazioni palestinesi, hanno pubblicato numerosi post per giustificare l'attacco. C'è chi parla di un «attentato a orologeria», chi si chiede «è una false flag per avere il pretesto di nuove stragi?» e chi addirittura arriva a scrivere che «Hamas favorisce Netanyahu». C'è anche chi scrive che è molto strano che l'attentato sia avvenuto in una zona così militarizzata della città, oppure che sia legittimo colpire un autobus pieno di coloni e militari. La tesi, detta più o meno apertamente, è che l'attentato sia non solo la conseguenza della guerra a Gaza ma che in fondo gli israeliani se lo meritino. Eppure non sono solo gli utenti social ad alimentare la retorica giustificazionista ma anche figure del mondo giornalistico e culturale come Ginevra Bompiani che, intervenendo alla trasmissione L'aria che tira su La7, ha incolpato Netanyahu di non volere la pace «proposta da mesi da Hamas». Alla giusta domanda del conduttore David Parenzo «lei riconosce che c'è un problema con la jihad islamica o no?», la Bompiani non solo non ha risposto ma ha aggiunto: «Il problema è il terrorismo e il più grande terrorista del mondo è Israele». Da qui la replica di Parenzo: «Lei è molto curiosa. Lo dice nel giorno in cui c'è un attentato terroristico rivendicato».

L'economista britannica Frances Coppola si è spinta oltre scrivendo «ora Israele ha una ragione per polverizzare la Cisgiordania» lasciando intendere che ai terroristi si sia volutamente lasciato fare: «Sono l'unica a trovare profondamente sospetto il fatto che, nonostante tutti i posti di blocco, le perquisizioni e le misure di sicurezza imposte da Israele ai palestinesi della Cisgiordania, due terroristi siano apparentemente riusciti a introdurre di nascosto a Gerusalemme delle mitragliatrici fabbricate in Cisgiordania?». Il sito di Nicola Porro sottolinea invece come sui canali social del Corriere della Sera si parli di un «sospetto attentato».

In questo contesto coglie il punto il giornalista Roberto Arditti quando scrive: «Ora ci verrà raccontato che l'attentato di Gerusalemme (e quelli che verranno) altro non è che la reazione comprensibile all'offensiva israeliana. Questo Occidente che desidera pervicacemente la propria eliminazione fisica per mano di tagliagole vari e diffusi deve essere sconfitto. Ma non sarà facile, vista la schiera di innamorati pazzi di Hamas e dintorni». Se gli odiatori di Israele non hanno perso tempo a scrivere commenti giustificazionisti dell'attentato, chi invece non ha trovato il tempo neanche per scrivere un riga di condanna o di solidarietà alle vittime sono stati politici, opinionisti, commentatori di solito solerti nell'esprimersi su Gaza. Un doppio standard che colpisce ma non stupisce perché attualizza lo stesso modus operandi avvenuto con il 7 ottobre. Non è un caso infatti che molte delle stesse persone che non hanno condannato i fatti del 7 ottobre, oppure li hanno minimizzati o, ancora, ne hanno ridimensionato l'impatto, siano gli stessi che non hanno speso una parola per l'attentato di ieri.

Colpisce per esempio il silenzio da parte della relatrice Onu per la Palestina Francesca Albanese che, per l'ennesima volta, dimostra l'assenza di imparzialità nel giudicare la situazione in Medio Oriente.

Anche sui profili social delle organizzazioni pro Palestina italiane non compare una parola di solidarietà per le vittime e di condanna dell'attentato, così come sulle pagine della Global Sumud Flotilla (nel giorno in cui la Commissione Ue afferma «non incoraggiamo la missione») di solito solerti nel pubblicare contributi di ogni tipo. Accusano gli altri di non dare il giusto peso ai civili morti a Gaza ma sono i primi a fare una distinzione tra morti di serie a e di serie b.

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