Sea Watch già piagnucola: "Il piano Ue sui migranti? Basta criminalizzare le Ong"

Su Twitter l'Ong Sea Watch ha bocciato il piano d'azione europeo presentato ieri: "Serve finanziare progetti Sar"

Sea Watch già piagnucola: "Il piano Ue sui migranti? Basta criminalizzare le Ong"

Dal mondo delle Ong è arrivata la prima risposta al piano d'azione presentato ieri dalla commissione Ue sull'immigrazione. A parlare su Twitter è stata infatti l'Ong tedesca Sea Watch, secondo cui il piano non andrebbe nella direzione giusta.

Per gli attivisti l'unica strada rimane quella a loro più favorevole. E cioè quella che porta alla fine della presunta “criminalizzazione” delle Ong e, soprattutto, alla creazione di un programma Sar pagato dai governi e dall'Europa.

Le parole di Sea Watch

“La Commissione europea ha presentato il suo piano d'azione sul Mediterraneo centrale. Siamo d'accordo: è più che tempo di agire”. Esordisce così il tweet con Sea Watch ha espresso nelle sue ore la propria posizione sui programmi presentati da Bruxelles.

Ma non abbiamo bisogno di nuove linee guida per le navi di soccorso – hanno aggiunto gli attivisti – Abbiamo bisogno che gli Stati dell'Ue si conformino al diritto marittimo internazionale esistente e ai diritti umani”. Di nuove linee guida ne ha parlato ieri, a margine della presentazione del piano d'azione, la commissaria europea Yilva Johansson.

Quest'ultima ha dichiarato che l'Unione Europea prenderà in esame la possibilità di un codice per le Ong, quasi a richiamare un po' il codice scritto da Gentiloni e Minniti in Italia nel 2017. Un modo per Bruxelles di legittimare la posizione delle Ong nel mare ma anche, al tempo stesso, provare a regolamentare il loro operato.

Gli attivisti però di codice non ne vogliono sentir parlare. “Invece che creare un nuovo quadro normativo per le Ong – si legge infatti nel tweet di Sea Watch – l'Europa potrebbe adempiere al proprio dovere di soccorso, avviare un programma Sar guidato e finanziato dagli Stati, smettere di criminalizzare i migranti e le Ong e creare percorsi sicuri e legali verso l'Europa”.

In poche parole, Sea Watch ha chiesto di non veder ostacolato il proprio lavoro, ma anzi di avviare un progetto di salvataggio in mare guidato finanziato dai governi. La posizione degli attivisti tedeschi dovrebbe ricalcare grossomodo quella delle altre Ong.

Sea Watch guarda al “modello Germania”

Non è un caso forse se a parlare è stata l'Ong tedesca. Sea Watch fa parte della rete di associazioni United4Rescue, recentemente balzata agli onori delle cronache politiche in Germania per via del finanziamento di due milioni di Euro ricevuto dal Bundestag nella nuova legge di bilancio.

Un finanziamento destinato a far parlare molto. Perché si tratta della prima volta che un Paese eroga fondi pubblici a una Ong impegnata nelle operazioni nel Mediterraneo centrale. Per l'Spd, il partito del cancelliere Olaf Scholz, si tratta di un appoggio finalizzato però un giorno a rendere “superfluo” l'operato delle Ong. Finanziare adesso le associazioni in attesa quindi che un giorno intervenga direttamente l'Europa nei salvataggi in mare, è un po' questo il senso del discorso.

Non è d'accordo l'opposizione guidata dalla Cdu, la quale invece ha parlato di “nepotismo”. Perché in realtà, secondo i membri del partito che fu di Angela Merkel, a spingere per il finanziamento sono stati i Verdi, altro partito della coalizione di governo. E non solo per un fatto politico.

Alcuni deputati tedeschi hanno sottolineato come a capo di United4Rescue vi è Thies Gundlach, compagno di Katrin Göring-Eckardt, una delle leader principali proprio dei Verdi.

Ad ogni modo, a Sea Watch il metodo inaugurato da Berlino non può che piacere visto che prevede riconoscimento politico e finanziamenti alle Ong.

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