È precipitato nel vuoto per quaranta metri, inghiottito nel buio di una condotta dell'areazione. Andrea, 15 anni, è morto così, dopo aver scalato con gli amici la vetta più alta di un centro commerciale fra Milano e Sesto San Giovanni. Forse per fare un selfie, una foto da mostrare sui social magari, per suscitare ammirazione e riscuotere like e sorrisi.
Il quindicenne - si è detto - sarebbe precipitato nel tubo nel tentativo di scappare dopo essere stato scoperto. Poi l'ipotesi-fuga è stata smentita e si è parlato di una mossa azzardata, rivelatasi fatale. Non era la prima probabilmente. Come foto profilo, su Instagram, Andrea aveva uno scatto simile: due ragazzi in cima a un palazzo che guardano di sotto, nel vuoto.
Pubblicare foto e video di imprese spericolate, senza senso. Se così fosse, Andrea sarebbe l'ennesima vittima di un gioco assurdo. «Stavamo camminando e non l'abbiamo più visto - hanno raccontato i ragazzini dopo la tragedia - Abbiamo provato a chiamarlo al cellulare, ma non rispondeva». Avevano scavalcato cancelli e recinzioni ed erano arrivati sul punto più alto del centro commerciale, sopra il cinema, per immortalare con un selfie la conquista del tetto. È proprio questa la prima ricostruzione fatta dalla polizia intervenuta sabato sera sul posto.
Andrea era il capitano di una squadra di calcio locale, era tifosissimo dell'Inter e tesserato. Viveva a Cusano Milanino ed era arrivato in città per un sabato in compagnia. Nel pomeriggio aveva visto la partita allo stadio. «Era un bravo ragazzo - racconta lo zio - gli piaceva lo sport ed era bravissimo a calcio: aveva la passione dell'Inter, non aveva mai dato problemi ai genitori». «Bravi ragazzi» hanno detto anche gli agenti. Dopo la partita, avevano fatto un salto al multisala del megastore. In quel grande centro commerciale di una periferia ex industriale, oggi tempio del divertimento, quel gruppetto ha deciso di salire sul tetto, probabilmente per una bravata. Dal parcheggio, prendendo le scale antincendio di metallo, sono arrivati sul tetto, poi hanno salito altri tre gradini e si sono trovati vicini al parapetto. Si sono sporti, forse, per riuscire vedere un concerto che - stando a quanto riferito - si stava svolgendo nel locale all'aperto adiacente al centro commerciale. Il vuoto del grosso tubo della condotta non era visibile al buio a quanto pare non c'era nessuna grata di protezione: solo un piccolo parapetto che non gli ha impedito di scavalcare e finire di sotto. È lì che Andrea è precipitato: in uno spazio largo circa un metro e quaranta. Ci sono volute due ore per recuperare il corpo, che è arrivato fino al secondo piano sotterraneo dell'edificio, cadendo per 40 metri: inutili i tentativi di salvarlo da parte dei vigili del fuoco che si sono dovuti imbracare per riuscire a raggiungere la base della condotta. Quando lo hanno raggiunto aveva già perso i sensi ed era in condizioni disperate. La corsa all'ospedale di Niguarda, purtroppo è stata inutile.
La famiglia non crede all'ipotesi del selfie, ricordando Andrea come un ragazzino «speciale». «Com'è possibile che la porta si apra e dei ragazzini arrivino lì?», si chiede lo zio. «Qualcosa non ha funzionato.
Mio nipote su quel punto non doveva arrivarci per nessun motivo».La magistratura ha aperto un'inchiesta proprio per capire come sia stato possibile che quei ragazzi siano riusciti a sfuggire ai controlli e a raggiungere il tetto del centro commerciale.
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