A 80 anni dal Victory day: l'Europa di nuovo in guerra paga la sua debolezza

L'invasione dell'Ucraina è frutto dell'incompetenza di Biden, ma soprattutto dell'incapacità del Vecchio Continente di attrezzarsi per la propria difesa

A 80 anni dal Victory day: l'Europa di nuovo in guerra paga la sua debolezza

Ottant'anni fa, mentre la resa tedesca veniva celebrata come giorno della Vittoria in tutta Europa, con feste di piazza a Londra, New York e Parigi, il massacro continuava altrove. Le truppe russe continuavano a venire massacrate mentre combattevano contro i nazisti in Slesia e la guerra contro il Giappone era ben lontana da una conclusione vittoriosa. Ci sarebbe voluto un attacco del tutto inedito con un'arma del tutto nuova per porre finalmente fine allo spargimento di sangue.

L'8 maggio del 1945 gli americani avevano conquistato solo una piccolissima parte del Giappone - le 11 miglia quadrate e mezzo dell'isola di Iwo Jima - una conquista costosissima in termini di sangue: 6.821 soldati statunitensi erano stati sacrificati e tre volte tanti erano rimasti gravemente feriti. La situazione era il risultato di due fattori: Le truppe giapponesi combatterono fino alla morte, senza pensare alla sopravvivenza, e le loro tattiche erano state progettate per aggirare la superiorità della potenza di fuoco americana.

La conquista sulle restanti 145.937 miglia quadrate del Giappone sarebbe costata la vita di un numero di uomini di gran lunga superiore a quello di tutti i soldati alleati nel mondo. I giapponesi erano disposti a portare avanti la loro strategia, battezzata come Ketsug (operazione decisiva) per infliggere perdite così pesanti da indurre gli alleati a rinunciare alla richiesta di resa incondizionata e accettare invece un accordo negoziato che avrebbe assicurato la continuazione della dinastia imperiale. Con più di tre milioni e mezzo di truppe giapponesi ancora in servizio nelle isole, senza contare quelle evacuate da Cina e Corea, il Ketsug era un piano perfettamente realistico. Oltre alle forze da combattimento giapponesi, che avrebbero attaccato gli invasori, con aerei destinati ai piloti kamikaze e armi leggere per la fanteria, c'era il Corpo dei Volontari Civili - tutti gli uomini e le donne abili al combattimento armati di fucili e pistole catturati alle truppe britanniche, cinesi e olandesi, oltre che di lance, forconi, spade e coltelli. Come un sol uomo i giapponesi preferivano davvero la morte alla resa.

Dato che il Ketsug per decenni non è stato studiato dagli storici stranieri, ha preso piede una falsa narrazione, che è stata ampiamente diffusa e che serve ancora oggi come utile propaganda per i russi. Questa narrazione afferma che quando la prima bomba fu sganciata su Hiroshima il 6 agosto 1945, il Giappone era già sconfitto, senza rifornimenti di petrolio con aerei e navi immobilizzati, per cui la resa era vicina.

L'unica ragione per cui la bomba fu sganciata, secondo questa versione, fu quella di spaventare Stalin e fargli accettare la supremazia degli Stati Uniti in Europa, nonostante la superiorità dell'Armata Rossa. La morte degli uomini e delle donne di Hiroshima e Nagasaki e la lunga sofferenza dei sopravvissuti, avvelenati dal fallout radioattivo, furono crudelmente inflitte per cinici scopi politici americani.

Ogni aspetto di questa narrazione è sbagliato. In realtà, quando Hiroshima fu bombardata, il Giappone poteva ancora contare su ben 10.000 aerei per gli attacchi suicidi dei kamikaze, per i quali era disponibile carburante estratto dalla resina di pino. In secondo luogo, nessuno nella catena di comando, dal presidente Truman fino a Paul Tibbets, il 29enne pilota del B-29 che sganciò la bomba a fissione «Little Boy», sapeva nulla delle radiazioni immediate o del successivo fallout radioattivo: a parte le dimensioni dell'esplosione, non avevano idea di ciò che stavano per scatenare. L'unica e sufficiente ragione per cui la bomba fu sganciata fu che i capi militari e il presidente Truman erano terrorizzati dalla prospettiva di combattere una serie di battaglie simili a Iwo Jima per conquistare il Giappone.

Indipendentemente dalle motivazioni alla base dello sganciamento della bomba, l'attacco servì a uno scopo generale e duraturo. Per decenni, coloro che guardarono al Victory day del maggio 1945 e a tutte le foto di coppie in festa che si baciavano con entusiasmo, poterono essere certi di una cosa: non ci sarebbero più state guerre in Europa. Questa certezza non era dovuta alle azioni delle Nazioni Unite, del tutto inefficaci anche allora, né alla diplomazia delle Grandi Potenze nel Consiglio di Sicurezza, che fallisce sempre quando se ne ha più bisogno.

Al contrario, la lunghissima pace di cui l'Europa ha goduto - 77 anni senza una grande guerra, cosa mai successa - è stata «la solida figlia del terrore (nucleare)», come disse Churchill. Questo era ancora vero il 24 febbraio del 2022, quando Putin ha drammaticamente accelerato la sua penetrazione strisciante nelle regioni di Donetsk e Luhansk e ha invaso l'Ucraina, puntando dritto alla sua capitale, Kiev. Ma non è stato il braccio protettivo della deterrenza nucleare a fallire in quel giorno fatale e a portare i russi a compiere la loro mossa sconsiderata. È stato il fallimento della Nato, e dei governi che ne fanno parte, nel riaffermare con parole e fatti la deterrenza nelle settimane e i giorni di crescente tensione prima dell'invasione.

Si può infatti sostenere che l'amministrazione Biden abbia involontariamente innescato l'escalation russa quando, su ordine di una Cia sempre nel torto, che prevedeva la rapida caduta della città, ha evacuato la missione diplomatica statunitense a Kiev. Questo, a sua volta, ha provocato una fuga di massa di altri diplomatici occidentali (e mediorientali). Ancora peggio, il governo tedesco ha cercato di «superare» la folle mossa di Biden dichiarando che non avrebbe fermato il raddoppio delle importazioni di gas dalla Russia , anche se ci fosse stato «qualche incidente» in Ucraina. Per il «tedesco» Putin è stato un colossale via libera all'operazione.

L'invasione «postmoderna» dell'Ucraina non si è basata sulla maggiore potenza di fuoco russa. Si trattava di catturare Kiev e conquistare il Paese, utilizzando un'immagine travolgente di potenza - lo spettacolo di quella doppia colonna infinita di veicoli blindati che è stata visto in tutto il mondo mentre penetrava nel Paese. Quando quella dimostrazione fantastica si è scontrata con la realtà dei testardi difensori ucraini che sparavano razzi anticarro a distanza ravvicinata, i leader della Nato hanno avuto l'opportunità di agire subito. Potevano riunirsi in sessione d'emergenza per chiedere la fine dei combattimenti e il rapido ritorno alle posizioni precedenti la guerra.

Ma niente del genere è accaduto, perché solo i britannici e i nuovi membri della Nato, che hanno vissuto a lungo sotto il dominio sovietico, erano disposti a opporsi frontalmente al Cremlino. L'amministrazione Biden si è concentrata soprattutto sull'«evitare un'escalation», francesi, tedeschi e italiani hanno fatto il loro solito doppio gioco, chiedendo a gran voce di avere voce in capitolo nelle decisioni della Nato, ma offrendo solo banalità quando era il loro turno di parlare.

La conseguenza è che, nel Victory Day 2025 la guerra continua, grazie al successo dell'Ucraina che si è affermata come nazione combattente, aiutata solo dai tentativi incoerenti della NATO di dare una mano. La fornitura di armi da parte di ogni Paese racconta la storia di un'alleanza frammentata, in cui ogni nazione bada solo ai propri interessi. Gli Stati Uniti e il Regno Unito hanno fornito missili intelligenti e molto costosi, l'Italia ha consegnato per lo più avanzi come vecchie mitragliatrici a causa dell'opposizione politica (alcuni politici italiani, come Conte, non sanno distinguere tra armi offensive e difensive), i tedeschi hanno inviato carri armati Leopard II senza i dispositivi antimissile israeliani che ne hanno causato la distruzione precoce, e i francesi hanno superato se stessi in cinismo fornendo solo una manciata delle loro armi più avanzate, in modo da poterle commercializzare ai clienti stranieri come «collaudate in combattimento».

Così, mentre in tutta Europa dsi sventolano le bandiere, il Paese più grande del Continente continua ad essere sotto attacco. E invece di mobilitarsi per aiutare, i governi europei continuano a discutere tra loro, sperando che gli Stati Uniti forniscano le truppe. Questo approccio ha funzionato abbastanza bene in passato, quando gli Stati Uniti avevano forze molto più grandi di quelle attuali. Ora è obsoleto, perché oggi c'è un altro nemico che preoccupa gli americani più di Putin. Si tratta di Xi Jinping, il Mussolini dei nostri tempi, determinato a dimostrare che i cinesi di oggi sono combattenti coraggiosi e formidabili, a differenza di tutti i loro predecessori sconfitti nella storia cinese.

Con la Cina che si prepara apertamente alla guerra, gli Stati Uniti non hanno altra scelta

che dare priorità all'«Indo-Pacifico». Con l'Europa che si ritrova abbandonata, o almeno non sufficientemente protetta, ma comunque non disposta a riarmarsi seriamente, per quanto tempo potrà reggere il deterrente nucleare?

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